Le rose, si sa, hanno anche le spine: l’export italiano di vino nei primi mesi dell’anno è andato bene, in crescita sì, ma con una fastidiosa ‘spina’. Secondo i dati di Nomisma Wine monitor il nostro Paese ha incrementato l’export verso grandi mercati come Stati Uniti, Svizzera, Cina e Russia, ma meno della media del singolo mercato.
Nel mercato più ambito del mondo, gli Usa, l’Italia ha esportato per 679 milioni di euro, di cui 124 milioni di bollicine: l’aumento complessivo è del +3,8% (+9,4% per le bollicine) ma non deve ingannare perché il dato generale dell’import oltreoceano è stato nello stesso periodo del +8,7%. Ancor peggio va nel Regno Unito dove il valore è di 280 milioni: un -4,2% dei vini tricolori (ma le bollicine sono al +12,7%) rispetto ad una flessione generale ferma al -2%. altrettanto accade in Germania con un export a 354 milioni pari al -4% rispetto ad una contrazione complessiva del -3,5%.

In Veneto i produttori si sono pagati di tasca propria la banda larga per essere sul web

«Sono campanelli d’allarme – avverte Sandro Boscaini, presidente di Federvini I dati generali sembrano soddisfacenti ma in realtà se i vini della tradizione italiana cedono terreno c’è da preoccuparsi: l’anno scorso persero 4,5%, compensato dalla crescita del Prosecco. Ma non possiamo rallegrarci se lo zoccolo duro non è più tale».
Secondo Boscaini è necessario «innanzitutto recuperare le risorse della promozione europea: è un tassello mancante da non sottovalutare. Anche perché i francesi se ne avvantaggiano fino in fondo. Poi è necessario fare Sistema Italia e spendere bene quelle risorse». Infine Boscaini rilancia la questione delle infrastrutture, in particolare sulla disponibilità della banda larga. «In Veneto ce la siamo dovuta pagare noi – sostiene – Non si può competere con i big globali del vino senza le infrastrutture di base».