Prima la rincorsa all’accaparramento, ma a fine anno la frenata sul mercato a ‘stelle e strisce’

La guerra commerciale Usa-Ue negli ultimi mesi ha creato una serie di dinamiche negative nell’export del vino, e anche l’Italia è stata penalizzata, se in misura minore dei propri competitors continentali: a dicembre il vino tricolore ha perso il -7% a valore rispetto al pari periodo dello scorso anno, con un -12% per i ‘fermi’.
Lo ha rilevato l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, che ha elaborato i nuovi dati delle dogane Usa sui 12 mesi del 2019. Molto peggio è andata alla Francia che negli ultimi due mesi vede i propri ‘fermi’ cadere del -36% e alla Spagna con un -9%. Per contro, volano le forniture da parte del Nuovo Mondo produttivo, con la Nuova Zelanda che sale a +40% a valore e il Cile, a +53%.
È di 5,55 miliardi di euro il valore complessivo del vino importato dagli Usa nel 2019, in crescita del +5,7% sull’anno precedente grazie alla corsa della domanda di spumanti (+11,1%). Tra i principali fornitori, è sempre testa a testa tra la Francia, a 1,92 miliardi di euro (+7,7%), e l’Italia (+4,2%) a 1,75 miliardi di euro, mentre è ottima la performance della Nuova Zelanda anche nei 12 mesi (+11,9).

Denis Pantini
Osservatorio
Vinitaly Nomisma
Wine Monitor

Ciò che emerge è uno scenario di forte incertezza sui principali mercati mondiali della domanda di vino, e questo è un fattore chiave da affrontare nell’anno in corso.
Gli Stati Uniti ci consegnano un mercato che nel 2019 è aumentato nell’import globale, probabilmente anche più di quanto sia la reale crescita dei consumi, per effetto di aumento scorte a scopo precauzionale. Anche l’Italia chiude in crescita, sebbene continui a mantenere un prezzo medio nei fermi più basso della media, e con un traino forte degli spumanti.