Un sostegno alla competitività degli imprenditori vitivinicoli italiani: è stato particolarmente esplicito Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini, in occasione del Consiglio Nazionale Uiv. Nel suo intervento si sono intrecciati due elementi indiscutibili: la valutazione sulle difficili condizioni climatiche che anno tormentato il 2017 e comunque i record nell’export che fin qui i produttori del vino Made in Italy sono riusciti a garantire.
«L’anno che si chiude – ha detto Abbona – è stato sicuramente complesso: non ci ha risparmiato difficoltà e battute di arresto. Le nostre imprese hanno risentito molto dell’andamento climatico bizzarro e la perdita della leadership negli Usa ne ha incrementato ulteriormente lo stato di sofferenza. Al tempo stesso, pur continuano a macinare record, soprattutto in termini di qualità, sul fronte dell’export i produttori sono purtroppo rallentati da un sistema burocratico e amministrativo che fa perdere loro in competitività. La vitalità imprenditoriale e l’eccellenza delle nostre produzioni, di cui siamo orgogliosi, necessitano del supporto delle Istituzioni in una logica di sinergia, per dare impulso ad un nuovo modo di fare business, radicato fortemente sul territorio ma proiettato nel mondo grazie anche a strategie di sistema studiate ad hoc».

Le aziende italiane sono troppo piccole rispetto ai competitori che stanno emergendo nel mondo

«Sul sistema autorizzativo – ha aggiunto il presidente Uiv – abbiamo più volte evidenziato che l’attuale quadro normativo UE presenta numerose criticità, dovute in particolare alla rigidità nell’assegnazione del potenziale, nonché al meccanismo di salvaguardia. Le limitazioni agli impianti stabilite dal sistema autorizzativo non consentono l’aumento delle dimensioni aziendali e, dunque, limitano lo sviluppo delle imprese rispetto ai competitor internazionali. Basti pensare che la superficie vitata media di un’azienda vitivinicola californiana è di 36 ettari, di una sudafricana 30 ettari, di un’australiana 30, di una cilena 13,5, a fronte di 1,8 di una italiana. In particolare, la mancanza di flessibilità del sistema rende impossibile un adattamento dinamico al mercato. In tal senso, auspichiamo i già sollecitati correttivi al sistema delle autorizzazioni, nell’ambito della riforma della PAC post-2020».