La tutela delle indicazioni geografiche è uno dei cardini della protezione delle tante produzioni agroalimentari europee di alta qualità esportate in tutto il mondo. L’Italia prima di tutti, sia per numero delle specialità targate Dop e Igp, sia per il numero delle contraffazioni che patisce. Per quanto riguarda il vino, ha dovuto pagare un amaro prezzo nel 2008 dovendo cedere all’Ungheria il primato del nome ‘Tokaji’ e dovendo ri-denominare ‘Friulano’ la massiccia produzione dell’iconico vino bianco del Friuli Venezia Giulia.
Oggi l’Italia è chiamata a salvaguardare le bollicine veneto-friulane dal dolce e liquoroso bianco fermo che in Croazia chiamano Prosek: una trentina di produttori che produco circa 30 mila bottiglie l’anno, cioè una goccia nel mare degli 800 milioni di bottiglie di Prosecco. Ma è una questione di immagine e Ministri, Presidenti ed Assessori regionali, Consorzi e associazioni di categoria italiani sono unanimi nel negare al vino croato la possibilità di usare il suo tradizionale nome.
Ma l’Italia si trova a giocare contemporaneamente un’altra partita con un competitore che potrebbe ben incutere maggior timore, visto che sono i nostri ‘cugini’ d’oltralpe. Costoro potrebbero anche vantare che alla radice di un po’ tutti i vigneti nazionali c’è un po’ di Dna francese e certamente qualcosa in termini di cultura del vino ce l’hanno da insegnare (anche se in termini quantitativi li abbiamo superati da mo’).
Il “casus” è quello del Vermentino che negli ultimi anni è diventato un vero fenomeno commerciale in Francia e la cui produzione sta esplodendo viste le richieste pressanti dei consumatori. Ma il regolamento europeo sull’etichettatura, entrato in vigore nel 2018, non consente l’utilizzo di termini che fanno parte di indicazioni geografiche esistenti: quindi l’Europa salvaguarda il Vermentino di Gallura e il Vermentino di Sardegna. Gli organismi francesi sono intervenuti spiegando ai propri vigneron che si attrezzino per ‘inventarsi’ una loro denominazione. Qualcuno ha proposto allora il nome “Rollé” visto che da oltre un secolo in Provenza così è definito quel vinello bianco, secco e acidulo, con quel leggero retrogusto amarognolo che lo abbina perfettamente alle ostriche (francesi).
Non per nulla, però, sono nostri ‘cugini’: certamente lo sono per campanilismo e così le altre regioni produttrici osteggiano quel nome non loro. Ma tant’è un accordo dovranno trovarlo e in fretta visto che comunque un Paese con una così grande tradizione enoica non può certo trasgredire a quelle regole condivise che i produttori di vino si sono dati e che l’Unione dei Paesi europei coltiva prioritariamente.