Ed eccoci di nuovo alle prese con il semaforo. Quello inglese che dovrebbe informare i consumatori sui contenuti di sali, grassi e zuccheri nei cibi. L’ultima versione rappresenta più una torta ripartita a spicchi con colori diversi e percentuali sovrimpresse. Una veste nuova, forse anche più raffinata, ma pur sempre semplicistica e quindi in grado solo parzialmente di rappresentare la qualità di un prodotto alimentare.
L’anno scorso l’Italia ha ceduto al Regno Unito qualcosa come 2,3 miliardi di euro in cibo. Il 25% delle stesse esportazioni si riferiscono a poche specialità: formaggi, salumi e dolci. Il 2013 è cominciato con una crescita incoraggiante delle vendite (+4%), ma le decisioni di Londra cominciano a preoccupare. Il business più redditizio del 2012 è stato quello dei dolci con oltre duecento milioni, seguito a ruota dai formaggi (190 milioni) e dalle carni preparate (127 milioni).
Il “semaforo” britannico per avvertire i consumatori naturalmente penalizza proprio i dolci e formaggi, ma soprattutto mette sullo stesso piano le eccellenze alimentari e le imitazioni di scarsa qualità. Certo, può essere utile per mettere in guardia i consumatori (in particolare alcune tipologie con esigenze particolari) circa gli specifici contenuti nutrizionali del prodotto che stanno acquistando. Ma il rischio concreto è quello di demonizzare eccessivamente certi prodotti: su tutta la pasticceria ci sarà un bollino rosso? Siamo sicuri che così il consumatore venga realmente informato, tutelato ed educato ad un consumo consapevole? Crediamo che il primo passo debba essere una sempre maggiore e sempre più chiara comunicazione dei contenuti e dell’origine del prodotto. Senza influenzare le decisioni finali di acquisto con semplificazioni che umiliano la qualità.