Non poteva che destare una straordinaria enfasi sulla stampa quotidiana l’inaccettabile dichiarazione di Jack Ma, il fondatore di Alibaba,  ‘signore e padrone’ del più grande sito al mondo di e-commerce. Anche l’Italia ha cercato il dialogo con mr. Ma per la lotta alla contraffazione e fa per questo ancor più rumore sentirlo affermare che «i falsi oggigiorno sono di migliore qualità, e a un prezzo migliore, rispetto agli originali!».
Due elementi sono purtroppo evidenti in questa sconvolgente dichiarazione a partire proprio dalla motivazione che è all’origine dell’analisi di Ma: i grandi marchi hanno deciso da anni che era più conveniente sfruttare gli irrisori costi del lavoro in  Cina. Le produzioni, a cominciare da quelle del lusso e dell’alta tecnologia di consumo, sono state trasferite in quel Paese per tenere bassi i costi. Un trasferimento che è stato anche di tecnologie, know how, creatività. Gli esempi si sprecano: dai telefonini della Mela ai tessuti delle grandi case di moda. C’è da meravigliarsi se le grandi imprese cinesi si sono appropriate di questo patrimonio di conoscenze e sono oggi in grado di allestire autonome produzioni agli stessi livelli qualitativi?
Il secondo dato che altrettanto deve essere sottolineato è relativo ad una specie di ‘resa’ di Alibaba difronte ad un mercato che non si può, o non si vuole controllare. Che ci siano prodotti di buona qualità a prezzi stracciati è innegabile. Che qualcuno li venda è assolutamente inevitabile e un colosso come quello di Ma sembra proprio aver deciso che questa gigantesca e redditizia fetta di mercato non verrà lasciata agli altri imprenditori. Scrupoli o no, i falsi su Alibaba, per incapacità di selezionare o per scelta, continueranno ad essere venduti in tutto il pianeta.
Dobbiamo arrenderci anche noi? L’impressione è che dovremo farlo, ma almeno facciamo dopo aver ottenuto che ai lavoratori cinesi siano riconosciuti i diritti civili e sindacali che oggi non hanno. Almeno dopo che i prodotti cinesi siano stati certificati in termini di sicurezza e di tutela ambientale come e quanto accade nel nostro Paese. Arrendiamoci dopo aver creato condizioni di parità nel commercio mondiale. Perché la storia non si può fermare, ma può essere orientata nel senso della

Non poteva che destare una straordinaria enfasi sulla stampa quotidiana l’inaccettabile dichiarazione di Jack Ma, il fondatore di Alibaba,  ‘signore e padrone’ del più grande sito al mondo di e-commerce. Anche l’Italia ha cercato il dialogo con mr. Ma per la lotta alla contraffazione e fa per questo ancor più rumore sentirlo affermare che «i falsi oggigiorno sono di migliore qualità, e a un prezzo migliore, rispetto agli originali!».Due elementi sono purtroppo evidenti in questa sconvolgente dichiarazione a partire proprio dalla motivazione che è all’origine dell’analisi di Ma: i grandi marchi hanno deciso da anni che era più conveniente sfruttare gli irrisori costi del lavoro in  Cina. Le produzioni, a cominciare da quelle del lusso e dell’alta tecnologia di consumo, sono state trasferite in quel Paese per tenere bassi i costi. Un trasferimento che è stato anche di tecnologie, know how, creatività. Gli esempi si sprecano: dai telefonini della Mela ai tessuti delle grandi case di moda. C’è da meravigliarsi se le grandi imprese cinesi si sono appropriate di questo patrimonio di conoscenze e sono oggi in grado di allestire autonome produzioni agli stessi livelli qualitativi? Il secondo dato che altrettanto deve essere sottolineato è relativo ad una specie di ‘resa’ di Alibaba difronte ad un mercato che non si può, o non si vuole controllare. Che ci siano prodotti di buona qualità a prezzi stracciati è innegabile. Che qualcuno li venda è assolutamente inevitabile e un colosso come quello di Ma sembra proprio aver deciso che questa gigantesca e redditizia fetta di mercato non verrà lasciata agli altri imprenditori. Scrupoli o no, i falsi su Alibaba, per incapacità di selezionare o per scelta, continueranno ad essere venduti in tutto il pianeta. Dobbiamo arrenderci anche noi? L’impressione è che dovremo farlo, ma almeno facciamo dopo aver ottenuto che ai lavoratori cinesi siano riconosciuti i diritti civili e sindacali che oggi non hanno. Almeno dopo che i prodotti cinesi siano stati certificati in termini di sicurezza e di tutela ambientale come e quanto accade nel nostro Paese. Arrendiamoci dopo aver creato condizioni di parità nel commercio mondiale. Perché la storia non si può fermare, ma può essere orientata nel senso della