Diciamocelo: schiacciata dal peso, purtroppo crescente, della pandemia, è passata quasi sotto silenzio quest’anno la “Giornata mondiale dell’alimentazione”.
E pensare che per questo 2020 il tema stesso del “World Food Day”era stato scelto in considerazione della gravità mondiale della crisi indotta dal Covid-19. “Coltivare, nutrire, preservare. Insieme. Le nostre azioni sono il nostro futuro” voleva essere da un lato una presa di coscienza, dall’altro un’esortazione a creare sistemi agroalimentari più resilienti e sostenibili.

Quest’anno poi ricorreva il 75° anniversario della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione istituita nel 1945, che dal 1979 organizza questa “giornata” alla quale aderiscono oltre 150 Paesi al mondo e lo fa sempre assecondando il principio della solidarietà globale che è necessaria perché il sistema alimentare possa realmente essere a garanzia di tutte le popolazioni del pianeta. E quest’anno la pandemia ha messo in luce la fragilità del complessivo sistema agroalimentare planetario.

La FAO «è stata creata all’indomani di una catastrofe. Tre quarti di secolo dopo, un altro cataclisma di portata globale ha mostrato al mondo intero quanto la sua missione sia ancora più importante», ha ricordato Qu Dongyu, direttore generale della FAO. Non è allora fuori luogo che il Premio Nobel per la Pace sia stato quest’anno assegnato al “World Food Programme”. Un riconoscimento che a qualcuno non è piaciuto perché troppo intriso di un significato ‘politico’ . Anche qui in Italia qualcuno lo ha commentato negativamente ritenendolo troppo legato alle polemiche con il presidente Trump che vanta di essere in rotta di collisione con gli organismi delle Nazioni Unite.

Minuzie. A guardar la luna invece del dito ci si rende ben conto che la lotta ai cambiamenti climatici e alla distruzione della biodiversità, la diffusione delle nuove tecnologie e un uso intelligente e condiviso delle risorse idriche sono le vere sfide da vincere per garantire un futuro non a questo o quel Paese, non a questo o quel popolo, ma a tutta l’umanità che abita questo pianeta.