Secondo la Fao, nel mese di marzo i prezzi dei prodotti alimentari sulle piazze mondiali hanno raggiunto i “livelli più alti di sempre”. Determinante per questo contesto è certamente l’invasione russa dell’Ucraina, Paese grande produttore di cereali e di semi di girasole per la produzione di olio vegetale.
Una crisi sostanzialmente inattesa che è andata ad aggiungersi una crescita dei costi delle materie prime, soprattutto energetiche e quelle più energivore, la cui corsa era iniziata ancora alla fine dell’anno scorso, ma marzo spinti dalla guerra in Ucraina, che “causa shock” nei mercati dei cereali e dell’olio vegetale.

L’Italia ne risulta tra le più penalizzate perché nel dopo pandemia aveva molto puntato sul ‘peso’ della propria agricoltura nella ripresa dell’economia nazionale. I tassi di crescita della filiera alimentare indicati nei primi mesi di quest’anno attorno al +7%, sostenuti da esportazioni in aumento anche del +21%, avevano spinto l’agroalimentare a superare ampiamente il 20% dell’intero PIL nazionale.
Uno scenario che però oggi mostra tutti i suoi limiti. I rincari energetici e la difficoltà di approvvigionamento di materie prime fondamentali per l’agricoltura come i concimi, hanno portato tante aziende in crisi con più del 10% delle aziende agricole che patiscono difficoltà tali da essere indotte alla chiusura.

In queste ultime settimane abbiamo scritto che l’export italiano annovera sul podio la pasta, ma il grano per produrla lo andiamo a comprate per oltre il 60% all’estero. Ed abbiamo scritto che il vino, ‘fiore all’occhiello’ del Made in Italy sui mercati di ogni continente, non trova più le bottiglie da riempire perché mancano le forniture di vetro, oltretutto sempre più care, che dovrebbero provenire dall’estero.
Certo, possiamo vantarci di essere i primi produttori europei di riso, cicoria, castagne e kiwi; possiamo vantare di aver il più alto numero di prodotti Doc e Igp riconosciti dalla UE; siamo i primi produttori bio. Ma anche le esportazioni si trovano a dover pagare gli aumenti degli imballaggi, dei trasporti, dei container, dei noli.

E, soprattutto, nel carrello della spesa entrano il pane e la pasta, la carne e il latte e gli aumenti dei prezzi al consumo stanno contraendo il potere d’acquisto delle famiglie che inevitabilmente sono costrette ad abbassare lo standard qualitativo dei prodotti, selezionandoli sostanzialmente solo sulla base del prezzo. Ogni riflessione che voglia essere seria per un futuro dell’economia nazionale, e del comparto agroalimentare in primis, non potrà non tener conto di quella che è la vera crisi nazionale: quella del portafoglio delle persone.