Una nuova parola è entrata nell’uso comune (se mai ce ne fosse stato di bisogno): come spesso accade non ha un suono proprio simpatico, ma ha la sua specifica definizione. La parola è ‘flexitariano’ e identifica uno stile di alimentazione a metà strada tra il vegetariano e l’onnivoro. C’è una preferenza per una dieta che comprenda soprattutto i prodotti vegetali e che non disdegna le uova, il latte e i formaggi, ma che si concede occasionalmente anche la carne, bianca o rossa che sia. E a quanto pare, è proprio questo stile alimentare quello che sta sempre più diffondendosi.

Anche perché, risulterebbe che scelte un po’ più rigorose stiano segnando il passo: una ricerca svolta in collaborazione con Bva Doxa da Just Eat (sì, il marchio che ti consegna a casa il cibo) dimostrerebbe che il 60% di chi ha cercato di modificare il proprio stile alimentare è tornato sui propri passi dopo un periodo medio di 6 mesi. Sono soprattutto i giovani che stanno sperimentando soluzioni rigorosamente vegane, più morbidamente vegetariane, fino a scelte flexitariane: ma resta che l’85% degli italiani continua ad adottare una dieta onnivora, senza negarsi alcuno dei cibi disponibili. Chi cerca di cambiare regime, si scontra con l’eccessiva rigidità in termini di orari e quantità dei pasti (40%), oltre che nella preparazione di questi ultimi (34%) e 6 su 10 preferiscono abbandonare dopo pochi mesi la nuova dieta.

In altra pagina, scriviamo di come il CREA, cioè il Consiglio per la ricerca in agricoltura che è il più importante ente italiano di ricerca agroalimentare, abbia pubblicato una ricerca che dimostrerebbe come i bambini abbiamo aumentato il consumo di frutta e verdura e che questo sia accaduto perché durante il lockdown conseguente alla pandemia siano stati maggiormente coinvolti nella preparazione di cibi da portare in tavola. Quello che per loro era una specie di ‘gioco’ ha dato loro confidenza con quelle verdure che solitamente sono sempre state guardate con sospetto dai più piccoli.

E, a proposito di sospetti, una indagine dell’Università della Catalogna avrebbe dimostrato che una persona su due in Spagna ritiene che gli insetti siano il cibo del futuro. Se ne parla molto di questi tempi ed il risultato potrebbe sembrare essere sorprendente. Se non fosse che la ricerca stessa smentisce sia sé stessa, sia questa apertura e disponibilità dei consumatori: infatti oltre il 76% degli intervistati dichiara che non cucinerà mai insetti in casa propria. Una nuova versione di quel ‘non nel mio giardino’ che rappresenta il baluardo invalicabile di ogni cambiamento.