Parliamo ancora di vino: ma questa volta per riflettere su alcuni fattori che stanno caratterizzando questa annata dominata dalla siccità estiva, che ha decimato i vitigni italiani e regalato un vino di eccellente qualità. Che in Italia consumiamo sempre meno.
L’Italia è il massimo produttore mondiale di vino: ha scavalcato la ‘storica’ regina Francia perché oltralpe la produzione è crollata (-19%) mentre noi siamo riusciti a limitare le perdite (-3%). Il tricolore sventola quindi sul pennone più alto, forte anche di una domanda estera che è in costante espansione. Esportiamo sempre di più nei paesi Ue ed extraUe, con i mercati dell’estremo oriente, Cina in testa, che guardano al Made in Italy per bere bene e crescono a due cifre percentuali l’anno.
Però la ridotta produzione ha avuto come conseguenza immediata il rincaro delle quotazioni: esaminando le statistiche Ismea, si notano aumenti che vanno dal +9% del Pinot grigio friulano al +25,8% del Sangiovese doc di Ravenna. E i vini da tavola rossi e bianchi di Treviso e Verona riescono a spuntare aumenti altrettanto consistenti, se non ancora maggiori.
Ed eccolo allora il paradosso: siamo i primi produttori del mondo e … importiamo sempre più vino!Secondo l’Istat, già a fine luglio le bottiglie acquistate dall’Italia all’estero erano il 48% in più rispetto al 2011, per un fatturato di circa 187 milioni di euro in soli sette mesi. Compriamo vino in Spagna, terra sempre amata dai bevitori italici, ma anche dalla Bulgaria, Romania, Moldavia e Macedonia. E questi ultimi non sono certo Paesi di grande tradizione qualitativa per il vino.
Così vendiamo il vino buono in Cina e beviamo quello di seconda scelta. Con un rischio sempre più minaccioso del quale iniziano a vedersi le prime ombre e che ha il nome tristemente già noto nel comparto dell’agroalimentare: contraffazione.