Non sono poi così tanti gli italiani che possano permettersi le vacanze a Porto Cervo. Le straordinarie bellezze della Costa Smeralda non sono a buon mercato e presuppongono una disponibilità economica che non è da tutti. Fors’anche per questo stupisce che questo ‘paradiso non per tutti’ sia anche la sede di un fiorente commercio di prodotti contraffatti. Nelle spiagge intorno a Porto Cervo si vendono borsette falsificate a 500 euro e orologi taroccati anche a mille.
Ma qui non vogliamo fare i conti in tasca a nessuno, pur se è certamente disdicevole che anche chi ha una buona disponibilità finanziaria si rivolga al mercato del falso. Qui ci vogliamo occupare di un sequestro compiuto in spiaggia dai vigili urbani di Olbia: un ambulante senegalese che era stato beccato dagli agenti con una ventina di borsette con marchio falso. Tutto ‘normale’? No, perché il giudice monocratico di Tempio Pausania ha deciso di archiviare il caso!
Come questo sia potuto accadere è presto spiegato dall’avvocato cuneese Enrico Martinetti, che ha difeso l’ambulante senegalese: «Il giudice ha applicato il principio della tenuità del reato, recentemente introdotto nel codice penale». È indubbio che il danno alle case di moda provocato da quel venditore fosse assolutamente irrisorio. In effetti il valore della merce sequestrata non poteva che essere infimo rispetto al fatturato della grande griffe multinazionale il cui prodotto era stato fatturato.
Ma il problema è che se tutti i sequestri si risolvessero con un proscioglimento, la possibilità di contrastare il mercato diffuso del falso sarebbe vanificata: nessun giustizialismo contro quel venditore, ma la contraffazione non può essere ‘in toto’ prosciolta!