Ci sono alcuni camion di nettarine che stanno girando l’Europa: sono italiane, di ottima qualità ed avevano come destinazione la Russia, ma alla frontiera sono state respinte per il veto imposto da Putin. Però non possono nemmeno tornare a casa perché quel quantitativo di nettarine rischierebbe di far saltare il prezzo sul mercato interno. Ed i camion vagano allora cercando un acquirente, solo che anche nei Paesi dell’Est europeo hanno capito l’antifona e per l’acquisto propongono prezzi che sono di un terzo ed anche meno del reale valore del mercato.
Meglio se l’è cavata chi il trucco lo ha subito capito: ti trovi una bella società in Turchia o in un qualche Paese filorusso, dall’Italia vendi il tuo prodotto a quella società e da quel Paese lo esporti verso Mosca aggirando l’embargo. Si chiama triangolazione, ma oggi è sempre più difficile visto che chi conosce le tue difficoltà di export ha cominciato a pagare il prodotto prezzi irrisori.
Non saranno le scorciatoie a dare una risposta alla crisi russa: Roberto Luongo, direttore generale dell’Ice, l’agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha spiegato, nel corso di un incontro in Consiglio Regionale a Venezia, che la crisi russo-ucraina non deve portare all’interruzione dei rapporti e delle reti commerciali tra Italia e Federazione russa. E Nereo Laroni, presidente della commissione speciale per le relazioni internazionali, ha ipotizzato una iniziativa per costituire una rappresentanza veneta a Mosca.
Nell’immediato c’è però anche un altro problema da affrontare: quello dei rimborsi ai produttori danneggiati. Può la Polonia pretendere di ottenere l’87 per cento dei 125 milioni di euro sinora stanziati dal Consiglio dei ministri europei?