Ricordo qualche decennio fa: si faceva un telegiornale, sotto le calde luci necessarie negli studi televisivi, anche in piena estate. Il direttore andava in onda in giacca e cravatta, ma sotto la scrivania era in pantaloncini corti e infradito! Il Covid ci ha spinto lungo questa stessa strada! Da un lockdown all’altro, senza più cerimonie pubbliche e cene romantiche al ristorante, senza teatri, matrimoni, festeggiamenti e occasioni mondane il nostro look è cambiato: non in meglio, certamente imboccando una strada non molto lontana dai pantaloncini corti e le infradito!
Lo dicono i dati del commercio dei negozi di abbigliamento. Solo i capi per il tempo libero e per le attività sportive stanno ancora avendo un mercato positivo, mentre per tutto il resto del fashion la crisi è disegnata a tinte fosche. E d’altronde: se Anna Wintour, la direttrice di Vogue Usa, che si presenta su Istagram in tuta rossa, Ermenegildo Zegna inventa lo “zoomwear” e Kim Kardashian mette in vendita i modelli di tute in velluto, perché dannarsi a spendere per ‘essere alla moda’ (che poi, da spendere, c’è sempre meno)?
E l’industria della moda, che proprio nel Made in Italy ha una delle sue gambe più importanti, che strada intende percorrere? S’era detto che bisognava riflettere sulle troppe numerose presentazioni, sull’eccesso di sfilate, sui tempi troppo serrati della moda. Riflessioni equilibrate, ma dopo un anno di stop da Firenze a Milano, da Parigi a New York si sta facendo di tutto per tornare (ovviamente in sicurezMario Ongaroza) alle sfilate in presenza.
Di sicuro il digitale è stato importante negli ultimi mesi (e continuerà ad esserlo in futuro per le vendite), ma il rapporto ‘fisico’ con i modelli, i buyer, i designer, i venditori e i media è indispensabile per il fashion system e per dare pieno risalto alle creazioni e alle tendenze della moda. In Italia poi, dove a ‘far moda’ sono a centinaia le piccole realtà che garantiscono l’eccellenza della produzione, la ‘presenza’, la relazione ‘fisica’ è ancor più importante. Ma bisogna garantire a queste piccole, piccolissime realtà di poter sopravvivere a questi difficili momenti di crisi: un impegno al quale il nuovo Governo non può sottrarsi, pena la perdita di un emblema del Made in Italy!


Mario Ongaro