L’antico adagio popolare, e si dice che un fondo di verità la saggezza trasmessa oralmente ce l’abbia sempre, recitava: “fatta la legge trovato l’inganno”. Tra le notizie di cui abbiamo scritto in questi giorni, ci sono molti esempi che potrebbero essere letti in questa chiave.

Ad esempio pensando a quei consumatori italiani di abbigliamento intervistati nell’ambito della “Sustainable Consumer Research”: si dichiarano attenti ai temi dell’ambiente e della sostenibilità, insomma ‘green’, ma hanno una minore propensione dei colleghi ‘non green’ a spendere qualcosa in più per prodotti che siano garantiti in pace con l’ambiente. Detto che è a tutti noto che anche per la moda i costi di produzione di capi di maggior qualità non possono che essere superiori, sembra quasi che tali maggiorazioni si voglia farle ricadere sugli altri, cioè sulla collettività nel suo complesso, per non gravare sulle tasche di chi preferisce un capo piuttosto che un altro.

Altro controsenso è l’esplosione delle vendite di abiti e accessori di alta gamma, ma già usati. È bastato usare il termine inglese ‘second hand’ perché nessuno si tirasse più indietro dagli acquisti on line di questi articoli. Protagonisti i giovani e giovanissimi che hanno esasperato il mercato riproducendo gli stessi errori che le vendite dell’usato volevano combattere. Ebbene: in tutte le battenti pubblicità che hanno lanciato le diverse realtà della ‘seconda mano’ l’obiettivo palese è quello di “ridare vita a quel che non usi più” e quindi rispettare l’ambiente riducendo il numero dei capi d’abbigliamento e degli accessori prodotti. Meno dichiarato è la speranza che il fast fashion trovi un limite nel riuso.

Invece sta accadendo il mercato dell’usato alimenta gli acquisti compulsivi: compro tutto e più di quel che mi serve tanto lo rivendo immediatamente. Lo uso una volta, mi ci faccio un selfie, lo posto e lo rivendo. Esattamente come si farebbe con la maglietta ‘fast’ che non viene solitamente indossata più d’una volta. Non bastasse, le vendite on line sono in difficoltà per i resi: compro tre taglie diverse dello stesso capo e, dopo averle provate, restituisco solo le due che non mi vanno bene. L’ambiente non ringrazia, ma alla sostenibilità ci pensino le industrie!