Cala in modo consistente (3 miliardi) il gettito Iva per la contrazione dei consumi e aumenta il fai da te del rammendo l’abito danneggiato o usurato. Il primo dato viene confermato dalle autorità bancarie, il secondo da una indagine del Centro studi Cna curata da Swg che dimostra che nell’ultimo anno oltre 6 italiani su 10 hanno fatto ricorso a riparazioni sartoriali e quasi 9 consumatori su 10 (87%) tendono a recuperare i capi già utilizzati nelle passate stagioni.
Due aspetti di una stessa medaglia che si chiama ‘crisi’ e che fanno subito sparire l’ottimismo di chi dice che ‘si vede una luce in fondo al tunnel’. Espressione quest’ultima ormai abusata, almeno quanto irrisa, e che deve fare i conti con i numeri: nell’ultimo periodo, la quota di consumatori che tende a recuperare un articolo danneggiato o usurato è aumentata di quasi il 60%, coinvolgendo oltre 35 milioni di persone. La crisi ha cambiato profondamente abitudini e costumi degli italiani. Ed il suo perdurare ha spento la fiducia così che anche chi ne avrebbe la possibilità finanziaria, rinvia gli acquisti a tempi migliori.
La fiducia riportata dal Governo Letta dovrebbe essere oggi utilizzata essenzialmente per questo: ridare certezza ai consumatori italiani e agli investitori stranieri nel nostro Paese. Abbiamo invece già assistito alle prime scaramucce tra chi vuole stravincere e chi ancora non si arrende e non vuole accettare la ‘fine del ventennio’. Industriali e sindacati, a Genova, sono convenuti su alcune cose da fare prioritariamente. Il mondo agricolo è sempre più unitario nelle proprie richieste di tutela delle produzioni di qualità e di accorciamento della filiera distributiva. Insomma, le condizioni ci sono tutte e le risposte devono essere date urgentemente e con decisione: si prenda ago e filo e si ricucia a questo Paese un abito degno di questo nome. Magari da Arlecchino, con tutti i suoi variegati colori, ma un abito vero.