Solo cinque server, tutti situati in Malesia, e registrati da due soli soggetti stranieri. Tanto basta per creare una rete costituita da 46 Nad (Nomi a Dominio) e 112 domini internet (intesi come unità di secondo livello) articolati secondo i diversi Paesi di accesso, nonché da centinaia di pagine web pubblicitarie. Ora l’Antitrust, con la collaborazione della Guardia di Finanza, ha oscurato ben 112 siti che vendevano orologi contraffatti di varie marche. I marchi interessati sono 47 e vanno dal prodotto più semplice a quello di extralusso. Tutti i siti oscurati erano strutturati come outlet che proponevano, in diverse lingue, orologi di numerose marche e consentivano di effettuare acquisti con diverse valute, avvalorando nei consumatori l’idea che il venditore fosse un importante operatore internazionale.
Secondo l’Antitrust attraverso i siti, ora resi non accessibili, sarebbero state fornite ai consumatori informazioni non vere sulla natura e sulle caratteristiche dei prodotti. Mancavano inoltre informazioni rilevanti sull’identità e l’indirizzo geografico dei venditori e sui diritti previsti a tutela dell’acquirente nella fase post vendita. Trattandosi inoltre di prodotti contraffatti veniva negato, di fatto, il diritto di usufruire della garanzia legale di conformità.
La vendita di prodotti contraffatti venduti per originali a prezzi particolarmente convenienti, come evidenziato dalla Confcommercio, danneggia peraltro anche gli esercizi commerciali appartenenti alla rete ufficiale di distribuzione dei vari marchi con conseguenze dirette non solo sulla sopravvivenza stessa delle microimprese di settore ma anche sul mantenimento dei livelli occupazionali. La contraffazione degli orologi venduti sui siti ora oscurati è stata verificata da Assorologi, l’associazione che tutela i marchi interessati: a fronte delle lamentele di molti consumatori che avevano acquistato i prodotti sul web, l’associazione ha effettuato una verifica puntuale su tutti i siti e inoltrato, attraverso l’Indicam, la denuncia all’Antitrust.