«I microchip possono fare ben poco per difendere il sistema Murano»: la denuncia è nuovamente lanciata da Riccardo Colletti della Filctem, il sindacato dei chimici Cgil di Venezia. «Ogni giorno un cartello: ‘Vendesi’, affisso alla porta di una fornace o di un laboratorio – sottolinea – La certificazione è un ausilio importante per la tutela dell’originalità del prodotto. Ma non è sufficiente. Ciò che occorre è invertire a monte il senso di marcia. Se continuano a chiudere laboratori e se imprenditori e lavoratori sono in difficoltà, mentre proliferano negozietti e alberghi, vuol dire che si sta affermando un sistema che promuove altri tipi d’interessi».
La tutela dei manufatti in vetro tramite marchi elettronici o microchip altamente sofisticati, sostiene il sindacato veneziano, sono solo una faccia del problema e malgrado l’impegno promosso in questa direzione da alcune associazioni artigianali o commerciali, con il patrocinio della Regione, il destino che si sta profilando per Murano è quello di un’industria artistica millenaria che viene sostituita da un turismo veloce e a basso costo.

L’invadenza del comparto turistico sta trasformando la natura dell’isola del vetro

«Sono pochi ormai gli imprenditori rimasti a Murano – continua Riccardo Coletti – e fanno i conti con una competizione scorretta e un aumento di falsi ‘Made in Murano’. Nessun sostegno viene dato alle imprese e nessuno sgravio agli imprenditori che, lottando con molta caparbietà, fanno i conti con costi energetici e con un aggravio sulle tasse, sia locali sia governative. Per noi è inconcepibile vedere Murano e la sua produzione sparire giorno dopo giorno, ma è altrettanto inconcepibile vedere imprenditori che chiudono le fornaci, che le adibiscono ad alberghi spostandosi in altri paesi del sistema europeo, oppure nell’entroterra per produrre utilizzando, senza alcuna obiezione, il marchio di Murano».
Ricordato che l’isola tempo addietro era stata indicata per diventare sito patrimonio dell’Unesco per la storia che rappresenta, il segretario dei chimici veneziano conclude: «Non vogliamo che l’isola di Murano diventi un dormitorio, ma soprattutto non vogliamo che l’isola di Murano diventi il porto franco della contraffazione. Noi pretendiamo che ci sia un vero impegno per la salvaguardia delle imprese esistenti e che gli investimenti che arrivano a Murano siano dirottati su impegni precisi per le attività e per chi oggi produce a Murano».