La contraffazione conta molto sulla moneta elettronica. Non necessariamente per falsificare i dati dei pagamenti, ma certamente per far circolare il denaro sporco. Un pericolo questo che è stato fatto presente anche nel corso del recente convegno “Contraffazione dell’euro, furto d’identità, frodi internet: come difendersi” tenutosi a Pescara. Sul fronte delle truffe elettroniche l’Italia è tra i Paesi più virtuosi: i dati diffusi dal Sipaf (sistema informatizzato prevenzione amministrativa frodi carte di pagamento) testimoniano che da noi la percentuale di frodi sulle transazioni complessive effettuate nel 2010 si attesta allo 0,023 per cento, appena 60 milioni di euro. Una cifra irrisoria se confrontata con i numeri di Gran Bretagna (un terzo delle truffe rispetto alle operazioni complessive) e Francia (addirittura la metà).
Le statistiche snocciolate da docenti universitari, magistrati, rappresentanti delle forze dell’ordine e rappresentanti delle categorie produttive dimostrano quindi come, almeno nel nostro Paese, il sistema delle carte di pagamento possa considerarsi sicuro. Mentre la maggior parte dei reati informatici viene commesso all’estero, in nazioni avanzate come gli Stati Uniti, dove non è in vigore una normativa protezionistica.
È per altro da dire che il nostro, secondo i dati della banca centrale europea, è il Paese con il più basso uso di moneta elettronica: il 77 per cento delle transazioni superiori ai cento euro avviene in contanti, con un costo sociale di 10 miliardi di euro all’anno. Necessario quindi elevare la quota di operazioni affidate alla moneta elettronica (come per altro il Governo Monti sta gradualmente facendo), ma anche salvaguardare le vigenti misure di sicurezza per continuare a garantire ai consumatori le tutele attuali.