Confermata la sentenza che attribuisce solo a Levi Strauss & Co l’utilizzo dell’iconica finitura

Dopo sei anni di aule giudiziarie, Levi Strauss & Co vince contro la contraffazione e vede riconosciuto dalla Corte d’Appello di Roma che la caratteristica cucitura ad ‘ala di gabbiano’ sulla tasca posteriore dei suoi jeans è un inconfondibile marchio, denominato ‘Arcuate’, quindi non può essere riprodotto uguale su pantaloni d’altra marca.
La Corte d’Appello di Roma, con una sentenza pubblicata a giugno, ha confermato la decisione di primo grado che aveva giudicato illeciti dei jeans commercializzati da un’azienda italiana e caratterizzati da una cucitura sulla tasca posteriore che ricordava quella resa famosa da Levi’s. Il colosso Usa ha quindi ottenuto un risarcimento danni di circa 100mila euro.
La vicenda si trascinava dal 2014, quando il marchio americano aveva in prima battuta agito in via d’urgenza contro l’azienda italiana in questione per ottenere, tra l’altro, l’inibitoria d’uso della cucitura ritenuta contraffattoria. In quell’occasione, il giudice cautelare aveva ritenuto che la condotta dell’azienda italiana integrasse sia un illecito di contraffazione sia un atto di concorrenza sleale ai danni di Levi’s.

Sempre da casa Levi’s arriva un’altra novità che potrebbe stravolgere il mercato dei jeans: entro 10 anni al massimo, scomparirà l’attuale modello di taglie tradizionale. A mandare in pensione il sistema che oggi permette al consumatore di acquistare un paio di pantaloni abbastanza adatto alle proprie misure sarà un ‘body scan’ attraverso la banale fotocamera degli smartphone.
Le innovazioni tecnologiche che Levi’s si accinge ad implementare puntano, infatti, alla personalizzazione delle proposte in chiave sostenibile e al ‘made to measure’ che permetterà ai clienti di acquistare vestiti che si adattano esattamente alla loro corporatura ed all’azienda di ridurre sprechi e resi.