Attualmente, si stima che il 10% dei farmaci in circolazione in tutto il mondo siano contraffatti e la maggior parte delle vendite avvenga tramite il canale online. Questo, oltre a rendere ancora più difficile la tracciabilità, spinge i consumatore a ricorrervi con più facilità, nascondendosi dietro la cortina dell’anonimato. Le categorie farmacologiche interessate sono le più varie: pillole per la disfunzione erettile, integratori, ma anche antibiotici, anti-ipertensivi, farmaci per malattie psichiatriche o cardiovascolari e ancora, soprattutto, antitumorali.
L’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, è impegnata da anni a contrastare il fenomeno, sul quale mantiene alto il livello di allarme, soprattutto perché alcune recenti indagini rilevano come sia ancora molto limitata la consapevolezza, da parte dei cittadini, dei gravi pericoli per la salute che si corrono affidandosi a siti illegali per acquistare farmaci. Sull’argomento, a Rimini è stato organizzato un convegno che ha visto la partecipazione di Patrizia Hrelia, presidente di Sitox (la Società italiana di Tossicologia) e ordinario di Tossicologia dell’Università di Bologna, e Giorgio Cantelli Forti, presidente di Sif (la Società italiana di Farmacologia) e professore emerito dell’Università di Bologna. I metodi di contraffazione, hanno sottolineato, sono diversi: può essere che il principio attivo sia assente, sottodosato o sovradosato; può essere diverso da quello dichiarato oppure di scarsa qualità. «Comunque il risultato è sempre doppiamente nocivo: l’intossicazione o la sottrazione di terapia da una parte causano un danno al paziente, dall’altra questo danno è doppio se consideriamo il carico della gestione delle conseguenze, sia in termini di clinici sia in termini di spesa sanitaria».