Ci sono tutti gli elementi richiesti per un riconoscimento utile in funzione anticontraffazione .

Il vetro di Murano, con le sue molteplici tecniche e lavorazioni, comprese le perle veneziane, ed una tradizione millenaria ha tutti i requisiti per meritarsi il riconoscimento di patrimonio immateriale dell’umanità tutelato dall’Unesco. Ne è convinto il presidente del Consorzio Promovetro, Luciano Gambaro, che ha rivolto un appello, sull’onda del riconoscimento concesso al Prosecco, affinché la protezione della lavorazione del vetro da parte dell’Unesco diventi un ulteriore elemento di garanzia e salvaguardia della produzione muranese da sempre aggredita da fenomeni di contraffazione.
«Come per il Prosecco – scrive nel suo appello Gambaro – anche il Consorzio Promovetro, nel lontano 2010, aveva avviato ufficialmente la procedura di candidatura del Vetro di Murano, quale patrimonio intangibile dell’Unesco, che lo stesso Mibact ha riconosciuto rientrare a pieno titolo nei requisiti richiesti dalla Convenzione per il patrimonio immateriale dell’Unesco del 2003».
La tradizione, la passione, la fatica, l’arte, le difficoltà di lavorare che si tramandano di generazione in generazione, il produrre e il vivere in un’isola unica, e la tenacia con cui si continua a fare da secoli, rispecchiano i valori legati ai saperi e alle pratiche dell’artigianato tradizionale richiesti dall’Unesco stessa.

Cristiano Ferro responsabile settore Vetro Confindustria Venezia

Credo che di un ulteriore riconoscimento, di questa portata internazionale, ci sia bisogno. Fare vetro non è facile, i costi sono elevati, ma questa ipotesi potrebbe farci fare un balzo in avanti. Non sarà la spallata decisiva alla contraffazione, tuttavia può rappresentare un buon punto di partenza per il settore. Come sta andando il 2019? Veniamo da un anno, quello passato, piuttosto problematico. Sinceramente mi pare ci sia stato un leggero miglioramento, ma a macchia di leopardo, e il futuro non è roseo. Chi ha recuperato in termini di produzione e fatturato, lo ha fatto per pochissimi punti percentuali. C’è ancora la necessità di cassa integrazione, perché siamo immersi in questa crisi da dieci anni ormai.