Lo ha confermato il Tribunale della Ue tutelando l’immagine d’eccellenza del caratteristico logo

Il Tribunale dell’Unione europea ha respinto definitivamente il tentativo di una società di registrare il marchio del gallo che invece contraddistingue i vini del Consorzio Chianti Classico: utilizzare questo marchio infatti potrebbe fornire “un vantaggio indebito dalla notorietà, dal prestigio e dall’eccellenza proiettata” dal simbolo del celebre vino toscano.
All’origine della causa, la domanda di registrazione presentata nel 2017 dalla Berebene Srl che aveva chiesto all’Ufficio Ue per la proprietà intellettuale di registrare per i suoi vini un logo che rappresentava un gallo. Ma il Consorzio vino Chianti Classico aveva presentato opposizione, facendo valere il marchio collettivo italiano figurativo registrato per i vini Chianti.
Dopo la ‘bocciatura’ del marchio di Berebene arrivata nel 2020, la società aveva impugnato la decisione dell’Ufficio davanti al Tribunale dell’Unione europea. Ma questa Corte ha confermato la decisione dell’Ufficio Ue che aveva “correttamente e senza alcuna contraddizione concluso che, alla luce delle somiglianze tra i marchi sul piano visivo e concettuale, esiste globalmente una somiglianza tra i segni in conflitto”.
Si stima che il mercato globale delle imitazioni dei prodotti agroalimentari Made in Italy abbia superato nell’anno della pandemia il valore di 100 miliardi e che più di due prodotti agroalimentari Made in Italy su tre siano senza alcun legame produttivo ed occupazionale con l’Italia.

Gian Marco Centinaio
sottosegretario
Mipaaf

Nel respingere la richiesta di registrazione di un marchio simile al Gallo dei Chianti, il Tribunale dell’Unione europea ha giustamente evidenziato che l’immagine di eccellenza e di prestigio a esso associata avrebbe generato un indebito vantaggio a favore della società richiedente.
Un precedente importante per la tutela anche futura dei nostri prodotti all’interno dei confini europei. Siamo e saremo sempre in prima linea nel contrastare fenomeni come l’italian sounding e il parassitismo commerciale, che arreca al nostro agroalimentare un danno di miliardi di euro ogni anno. Fenomeno ancora più grave adesso che anche il settore vitivinicolo è stato fortemente penalizzato dagli effetti della pandemia.