Numeri da capogiro per il sequestro messo a segno dalla Guardia di Finanza di Pavia al termine di  un’indagine condotta nel settore delle frodi vitivinicole con il Corpo Forestale dello Stato e Ispettorato repressione frodi (ICQRF): sono stati sequestrati 170 mila ettolitri di vino sfuso e circa 700 mila bottiglie. Le indagini hanno preso avvio da numerosi esposti riferiti all’attività di produzione e commercializzazione di vino da parte della cantina Terre d’Oltrepò che denunciavano, in sostanza, che la cantina ormai da molti anni commercializzava imponenti quantitativi di vino “IGT” dell’Oltrepò Pavese, del tutto incompatibili con l’effettiva quantità e qualità di uva prodotta e conferita dai soci.

Secondi gli esposti, il prodotto era tratto da uve di qualità differenti rispetto a quelle certificate dai documenti: ad esempio riesling o pinot nero al posto di pinot grigio. Le indagini, già avviate nello scorso mese di novembre, sono state particolarmente complesse ed hanno portato a oltre 60 perquisizioni e vari campionamenti di vino DOP Oltrepò Pavese Pinot Grigio 2014 e IGP Provincia di Pavia Pinot Grigio 2014 presso gli stabilimenti di Casteggio – Broni e il deposito di Stradella della Cantina Terre d’Oltrepò S.c.a.p.a. , identificato sulla base dei cartelli apposti sulle cisterne.

Eccezionale sequestro di vino che non era dell’Oltrepo pavese

L’incrocio dei dati acquisiti dai conferitori, relativi ai terreni coltivati e alle loro rese per ettaro, suffragati dall’analisi della documentazione reperita in sede di perquisizione, condotta dagli investigatori della Guardia di Finanza, ha fatto emergere la reale gestione della cantina, totalmente difforme da quella rappresentata nei registri ufficiali e nei cartellini apposti sulle cisterne. Sono state effettuate dal Corpo Forestale anche verifiche sui terreni di un considerevole numero di soci della Cantina, per verificare la rispondenza tra la qualità delle uve coltivate e le dichiarazioni vitivinicole, che hanno confermato l’ipotesi di frode in commercio.

Le conclusioni cui sono giunti gli investigatori al termine delle indagini è che la totalità del vino prodotto dalla cantina di Broni e Casteggio, riferita non solo al pinot grigio da cui erano partiti gli accertamenti ma a tutte le varietà di vino, sia bianco che nero, non corrisponde a quella dichiarata, ma è invece il prodotto di una serie di condotte fraudolente, anche contabili, volte a commercializzare vino etichettato e venduto secondo le richieste del mercato, ma non rispondente alle reali caratteristiche del prodotto conferito nella cantina. In definitiva, i vertici della Cantina Terre d’Oltrepò erano consapevoli di commercializzare vino, per origine, provenienza e qualità diverso da quello dichiarato.