L’Osservatorio di Nomisma, Wine Monitor, ha fatto il punto della situazione dell’import mondiale del vino nei primi 5 mesi del 2015. Tra le note positive, dopo un deludente 2014, la ripresa cinese che vede aumentare nei primi cinque mesi l’import in valore del +51% e in volume del +38%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Di contro, sul fronte russo, i dati sono negativi, con un crollo degli acquisti di vino dall’estero di oltre il 35% in valore e del 25% nelle quantità.

«La svalutazione del rublo conseguente al calo del prezzo del petrolio ha messo in crisi gli importatori russi – spiega Denis Pantini, responsabile di Wine Monitor – essendo il petrolio una delle risorse principali del Paese. Più  che le sanzioni europee legate alla crisi russo-ucraina è stato il crollo dei prezzi dell’oro nero a ridurre la capacità di spesa dei russi. E questo stallo dell’economia e dei consumi di vini esteri rischia di durare ancora a lungo». Infatti le previsioni degli economisti danno ancora per altri due anni il prezzo del petrolio in ribasso, stima la cui validità è stata rafforzata dal recente accordo sul nucleare iraniano tra i cui effetti figura la ripresa dell’export di questa commodity da parte di uno dei principali Paesi produttori a livello mondiale, con conseguente aumento di prodotto già in eccesso di offerta.

Crolla il consumo di vino in Russia, ma la Cina torna a far sperare

La riduzione sui prezzi delle commodity non ha avuto effetti solo sul rublo: Nuova Zelanda, Australia, Brasile stanno vivendo un’analoga svalutazione delle proprie valute, e la riduzione del potere d’acquisto della moneta in questi Paesi non può che favorire la competitività dei rispettivi vini, rendendo così la vita ancora più complicata ai produttori italiani ed europei. Andando sul fronte positivo cinese, a tirare l’export è l’Australia (+134%), mentre i vini italiani si devono accontentare di un +18%.

Passando ai mercati più consolidati, occorre segnalare il +23% del valore delle importazioni negli Stati Uniti, collegato a un +2% dei volumi. In questo caso le performance dei vini italiani sono superiori alla media del mercato, registrando una crescita nei volumi del 10%, trainata dal Prosecco che ha toccato il +48% di maggiori quantità esportate. Lo stesso sta prendendo piede sul mercato inglese, con un +64% di quantità importate in questo frangente di 2015. «Infine per quanto riguarda il vino sfuso – conclude Denis Pantini, responsabile di Wine Monitor – dopo aver inondato nel 2014 il mercato mondiale con la propria sovrapproduzione, la Spagna non sembra ancora appagata e anche in questo scorcio di 2015 si mette in luce con una crescita nei volumi esportati di vino sfuso pari al 19%, continuando parallelamente nella propria strategia di riduzione dei prezzi di vendita con un -14% rispetto all’anno passato».