L’export del settore agroalimentare italiano è giunto nel 2014 a 34,3 miliardi di euro, con un aumento del 2,4% rispetto all’anno precedente, e questo nonostante l’embargo russo e il conflitto in Libia. Secondo AgrOsservam, osservatorio di Ismea e Unioncamere sull’agroalimentare italiano, si registra anche un aumento dell’1,55% dei posti di lavoro nel settore, anche se il numero di imprese è calato del 2,5%, e un progresso dello 0,6% nei consumi alimentari delle famiglie italiane.

L’embargo russo e l’escalation bellica in Libia stanno determinando evidenti ripercussioni, soprattutto nei settori ortofrutticolo, lattiero-caseario e delle carni suine, ma la svalutazione dell’euro sul dollaro, unitamente al miglioramento delle condizioni economiche in Usa, dovrebbe imprimere un nuovo impulso all’export agroalimentare del Made in Italy.

Sul versante dei prezzi agricoli, nonostante il recupero dell’ultimo trimestre trainato esclusivamente dalle coltivazioni, il bilancio del 2014 rimane complessivamente negativo (-5,5% sul 2013). Sul versante dei costi l’analisi Ismea-Unioncamere conferma, seppure a ritmo più lento, la tendenza alla riduzione dei prezzi dei mezzi correnti di produzione anche nel quarto trimestre.

Vede rosa per il 2015 il rapporto Ismea-Unioncamere

Forte l’attenzione all’ambiente delle imprese agricole, come mostra l’ultimo Rapporto GreenItaly di Unioncamere e Fondazione Symbola: 6 imprese agricole con dipendenti su 10, tra il 2011 e il 2013, si sono impegnate nello sviluppo di metodi e tecnologie finalizzati alla riduzione di consumi di energia ed acqua. Il 16%, poi, ha utilizzato fonti energetiche rinnovabili, orientando i propri investimenti in particolar modo verso il fotovoltaico. Inoltre, 7 imprese agricole su 10 svolgono attività di recupero di scarti e rifiuti. L’orientamento green del settore, tuttavia, riflette anche l’oggettiva e differente capacità di investimento economico del sistema produttivo. L’analisi dimensionale e geografica mostra infatti in maniera chiara come siano le imprese più deboli (più piccole e operanti nel Mezzogiorno) a faticare nel trovare le risorse finanziarie necessarie per sviluppare e accrescere tecnologie “verdi”.

I dati sull’andamento del valore aggiunto, del reddito agricolo e sulla nati-mortalità delle imprese agricole costituiscono, invece, il fronte di maggiore preoccupazione. In particolare, nel 2014, il tessuto imprenditoriale ha perso 19.035 imprese, con una diminuzione del -2,5%, ben superiore a quella che si osserva per il complesso dell’economia (-0,3%). Tuttavia, nel 2013 la perdita di imprese era stata ancora più rilevante sia in termini percentuali (-4,1%), sia in valori assoluti (32.798 imprese in meno). Prosegue invece nel 2014 l’espansione dell’industria alimentare, il cui stock di imprese sale a 69.111 unità, con un incremento di 691 unità sul 2013 (+1%).