Nei primi sette mesi del 2013 l’export agroalimentare registra un aumento del 7 per cento, contribuendo sia a mantenere in territorio positivo le esportazioni nazionali (+0,2 per cento tra gennaio e luglio), sia a bilanciare il crollo della domanda interna (-4 per cento). Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in merito ai dati Istat sul commercio estero.
Solo a luglio le vendite oltreconfine dei prodotti freschi dell’agricoltura crescono del 10 per cento tendenziale, quelle dei prodotti alimentari del 6,9. Vuol dire quasi tre volte l’aumento medio dell’export, che si attesta al +3 per cento annuo. E tra i maggiori elementi che trainano le esportazioni tricolori c’è sempre il vino – ricorda la Cia – con un incremento superiore al 9 per cento e vendite sui mercati globali che potrebbero toccare per la prima volta i 5 miliardi a fine anno, stabilendo un nuovo record storico. Per questo aver coinvolto finalmente le organizzazioni agricole nella cabina di regia per l’Italia internazionale è stato importante.
È un passo fondamentale per promuovere tutto il ‘made in Italy’ – osserva la Cia – di cui l’agroalimentare è ambasciatore nel mondo. Allo stesso tempo, però, bisogna lavorare per rafforzare la capacità delle imprese agricole di esportare e investire all’estero, creando strumenti normativi ‘ad hoc’, semplificando e razionalizzando le risorse, lavorando sulla frammentazione dei soggetti coinvolti.

Record export: ma il falso è il doppio del Made in Italy
Dal canto suo, Coldiretti sottolinea sempre a partire dai dati Istat che la leadership italiana nella qualità alimentare vale 12 miliardi che rappresentano il fatturato al consumo generato sui mercati nazionale ed estero dalle produzioni a denominazione di origine (Dop/Igp). In Italia sono 255 i prodotti che hanno uno specifico riconoscimento (156 Dop, 97 Igp e 2 Stg).
Le principali produzioni a denominazione di origine, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal Prosciutto di Parma al San Daniele, trainano l’intero Made in Italy alimentare verso il record storico nelle esportazioni 2013. Un segnale positivo in vista dell’ Expo che deve rappresentare l’occasione per fare conoscere la vera identità del prodotto italiano all’estero dove il nemico maggiore – sostiene la Coldiretti – sono le imitazioni low cost con il cosiddetto “Italian sounding” che vale circa 60 miliardi, quasi il doppio delle esportazioni di prodotti autentici. Nei diversi continenti sono infatti in vendita inquietanti aberrazioni, dallo “Spicy thai pesto” statunitense al “Parma salami” del Messico, ma anche una curiosa “mortadela” siciliana dal Brasile, un “salami calabrese” prodotto in Canada, il “provolone” del Wisconsin, gli “chapagetti” prodotti in Corea.
Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che – conclude la Coldiretti – causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi.