Il vertice dei ministri dell’Agricoltura dell’Unione Europea, che si terrà ai primi di settembre, dovrà affrontare una situazione esplosiva in tutto il continente, con manifestazioni di protesta sempre più esacerbate, in particolare da parte dei produttori di carne e di latte. Questi denunciano che, anche a seguito dell’embargo agroalimentare russo, non riescono più a vendere i loro prodotti.

Secondo fonti giornalistiche, in Bretagna i magazzini sono pieni di carne, i mercati all’ingrosso sono pressoché inattivi e gli allevatori sono disperati. Il ministro dell’Agricoltura francese ha ammesso che, se anche aumentassero le forniture di carne suina verso la Cina, le perdite del mercato russo non verrebbero compensate. Nel vicino Belgio si sono viste scene di guerriglia urbana con gli allevatori locali che bloccano con i trattori le strade attraverso cui, dalla Germania e dal Lussemburgo, vengono importati prodotti più economici. In Belgio i prezzi del latte sono scesi sotto il costo di produzione: nell’Unione Europea da 4 mesi è in vigore la legge relativa alla soppressione delle quote di produzione, sfruttata attivamente da produttori tedeschi, olandesi e finlandesi.

Manifestazioni e proteste in tutta Europa per la crisi di carne e latte

Non va meglio nei Paesi orientali: l’industria casearia della Lettonia sta attraversando la più grande crisi degli ultimi 20 anni. La Russia assorbiva circa il 40% delle esportazioni di latte e latticini. Secondo il ministero dell’Agricoltura lettone, i prezzi del latte, dopo l’introduzione delle sanzioni di risposta della Russia, sono scesi dopo un anno di un terzo ed ora sono inferiori al costo di produzione. A gennaio 2014 gli allevatori vendevano il latte a 34 centesimi di euro, ora a 20 centesimi.

In Estonia ci sono stati tentativi di vendere il latte in polvere persino in Giappone. Ma alla fine non sono stati stipulati contratti di lungo termine e sono stati venduti solo pochi lotti. Per di più i produttori di carne hanno dovuto affrontare, loro malgrado, un’epidemia di peste suina africana. Sono stati soppressi 15mila animali e sono state chiuse diverse fattorie: quasi 2mila persone hanno perso il lavoro. La malattia, ritenuta non pericolosa per l’uomo, ha suscitato preoccupazioni nei consumatori europei. Persino la carne trattata termicamente, considerata sicura, viene comprata a singhiozzo. A sostegno del settore il governo ha stanziato 13 milioni di euro.