Attuando la normativa europea si possono mettere in produzione i terreni oggi a riposo o incolti

Contro lo spettro di una crisi alimentare causata dalla guerra in Ucraina, c’è per l’Italia una nuova possibilità, quella di utilizzare per la coltivazione del grano, del mail e della soia un ulteriore milioni di ettari di terreni oggi incolti o posti a riposo vegetativo. È stato infatti pubblicato il decreto del Ministero delle politiche agricole che da attuazione attuazione della decisione di esecuzione della Commissione UE 1875/2022.
In sostanza l’Europa ha deciso di derogare all’obbligo di riposo permanente per il 5% delle superfici agricole UE e dà quindi ai produttori agricoli la possibilità di recuperare circa 9 milioni di ettari a livello continentale. Per l’Italia il provvedimento interessa direttamente il recupero di oltre 200mila ettari di terreni a riposo, che potrebbero arrivare fino a circa un milione considerando anche i terreni incolti o abbandonati.
«Con l’apertura delle aree di interesse ecologico EFA previste dalla PAC – spiega il presidente della Copagri, Franco Verrascina viene a rendersi disponibile una rilevante disponibilità di terre che dovrà servire a incrementare la produzione interna di mais, grano e soia, così da continuare a lavorare per massimizzare le produzioni e puntare con sempre maggiore decisione verso l’autonomia alimentare, contribuendo concretamente al rafforzamento della sicurezza degli approvvigionamenti alimentari».

«Con l’entrata in vigore del decreto Mipaaf – continua Verrascina – si deroga a talune condizioni necessarie a ottenere il pagamento di inverdimento, dando agli agricoltori la possibilità di utilizzare, per il pascolo, la fienagione o la coltivazione, i terreni lasciati a riposo, su cui viene inoltre consentito l’utilizzo di prodotti fitosanitari.
Così si potrà contribuire a contrastare gli aumenti dei prezzi dei cereali, sui quali pesano evidenti e condannabili fenomeni speculativi, che al pari di quanto sta avvenendo per i costi dei carburanti hanno avviato una spirale di rincari ai danni dei produttori agricoli, sempre più stretti nella morsa tra gli aumenti dei costi produttivi e l’incremento delle tariffe energetiche, con ripercussioni anche sui consumatori».