L’Italia ha adottato il sistema obbligatorio più rigoroso e per il più largo numero di prodotti .

Come era largamente previsto, i Ministri Giorgetti, Patuanelli e Speranza hanno firmato il decreto interministeriale che proroga al 31 dicembre 2022 l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta, del pomodoro e dei derivati, del riso, del latte e derivati e delle carni suine.
Lo strumento normativo impone una proroga alla deroga concessa al nostro Paese dall’Unione Europea, in seno alla quale un provvedimento vincolante dovrebbe essere proposto la prossima primavera nell’ambito della politica agricola comunitaria ‘dal campo alla tavola’.
Attualmente a livello comunitario, escludendo specifiche deroghe ad altri Paesi, è in vigore il regolamento del 2018 sull’origine dell’ingrediente primario, di cui occorre indicare la provenienza solo quando non corrisponde all’origine dell’alimento vantata in etichetta, che comunque non si applica a Dop e Igp e ai marchi d’impresa registrati che evocano una indicazione di origine. Lo scopo adottato tre anni fa era quello di proteggere i prodotti nazionali dall’utilizzo di parole/immagini/riferimenti geografici evocativi di altri Paesi, una difesa quindi per quell’Italian sounding che tanto costa alla produzioni tricolori.

L’esempio più classico è quello della pasta: dal 2018 i produttori sono obbligati a riportare in etichetta la provenienza del grano, in modo che tutti i consumatori possano scegliere se acquistare o meno anche in base a questa indicazione.
Dai siti dei maggiori pastifici italiani si evince quasi sempre la provenienza del grano, che è ben sbandierata se italiana, un po’ meno facile da trovare nel caso contrario, quando cioè le marche che producono quello che è il più ‘italiano’ dei prodotti esportati in tutto il mondo, hanno scelto di mescolare le materie prime di provenienza Ue o non Ue.