Il prezzo del latte fresco si moltiplica di quattro volte nel passaggio dalla stalla allo scaffale dei supermercati. Di quel che il consumatore paga, per gli allevatori non rimangono nemmeno quei pochi centesimi necessari per dare da mangiare agli animali. È quanto ha denunciato Coldiretti con la “guerra per il latte giusto” con i presidi davanti ai supermercati della maggiori città d’Italia. E c’erano anche le mucche, quelle a rischio di estinzione, per fare conoscere da dove viene il latte e come si ottengono i formaggi senza polveri o semilavorati industriali.

La denuncia Coldiretti è contro le distorsioni economiche che strozzano gli allevatori e provocano l’abbandono delle stalle con effetti sul lavoro, sul territorio, sulla qualità dell’alimentazione e sul Made in Italy. «In un momento difficile per l’economia – ha affermato il Presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo – dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti, ma anche con l’indicazione delle loro caratteristiche specifiche a partire dai sottoprodotti. Non è un caso se l’89 % dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, secondo la consultazione pubblica on line sull’etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle Politiche Agricole».

Le mucche davanti ai supermercati contro l’estinzione

In concomitanza con le manifestazioni che si svolgevano davanti ai supermercati da Roma a Torino, da Bologna a Venezia, da Bari a Milano, Coldiretti ha diffuso un dossier dal quale emerge chiaramente che tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte, o addirittura cagliate, provenienti dall’estero. , ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.

Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 3,5 milioni di litri di latte sterile, ma anche concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. Nell’ultimo anno, hanno addirittura superato il milione di quintali le cosiddette cagliate importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell’intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali che vengono soprattutto dall’Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità. Un chilogrammo di cagliata usata per fare formaggio sostituisce circa dieci chili di latte e la presenza non viene indicata in etichetta. Oltre ad ingannare i consumatori ciò fa concorrenza sleale nei confronti dei produttori che utilizzano esclusivamente latte fresco.