L’ultimo numero del magazine dell’economia circolare ‘Materia Rinnovabile’, edito da Edizioni Ambiente, pubblica una stima dello spreco di energia della filiera agroalimentare  in Italia, ogni anno: i consumi energetici nelle diverse fasi produttive equivalgono a quelli di 730.000 appartamenti di 100 metri quadrati in classe A, ovvero 178.000 TEP, tonnellate equivalenti di petrolio.

Ogni anno, stima il magazine, 1,5 milioni di tonnellate di produzione agricola primaria rimangono sul campo perché dal punto di vista economico non conviene raccoglierle o perché non soddisfano gli standard richiesti. Si tratta di un dato in calo da l’1,7 milioni di tonnellate nel 2009 a l’1,5 milioni di tonnellate nel 2011 e comunque che equivale al 3% della produzione complessiva. Le percentuali più elevate di sprechi sono per gli ortaggi in serra (12,53%), i legumi e le patate (5,21%) e per le olive (4,85%). A ciò vanno aggiunti gli sprechi dell’industria alimentare, con perdite complessive per 1,8 milioni di tonnellate: sono alti soprattutto nel settore delle bevande, in quello lattiero-caseario e nella lavorazione e conservazione di frutta e ortaggi. ‘Materia Rinnovabile’ sottolinea alcuni utilizzi che permetterebbero di aumentare l’efficienza energetica del comparto: dai tradizionali usi nella mangimistica e nella produzione di biogas, fino alla bioplastica dalle bucce di patata e alla pellicola argentea dai residui della torrefazione del caffè.