Il dato è stato riferito alla Conferenza Economica della Cia tenutasi a Lecce: il 52 per cento di chi sceglie l’acquisto dal produttore, lo fa anche per ritrovare quei prodotti rari delle antiche tradizioni agricole che oltre tremila imprese stanno preservando dall’estinzione. E solo nei primi sei mesi dell’anno, la filiera corta ha portato in azienda 2 milioni di persone. Non sono solo il risparmio (82 per cento) e la ricerca di cibi sani (73 per cento) a spingere gli italiani a fare la spesa in campagna.
Dal cacio “marcetto” abruzzese al liquore di sambuco siciliano, dalla “stracciata” alto-molisana al sedano nero di Trevi, alla focaccia di barbarià del cuneese, sono più di mille i sapori dimenticati nelle pieghe del nostro paesaggio rurale. Queste rarità dell’agricoltura italiana dimostrano comunque di avere un grande “appeal” tra i più avvezzi all’acquisto in azienda.
Dopo il “boom” del 2011, che aveva fatto segnare un incremento del 15 per cento, i primi sei mesi dell’anno – afferma la Cia – confermano questo trend. Secondo l’identikit tracciato dalla Cia, l’appassionato della spesa in campagna ha circa 40 anni, un titolo di studio elevato e almeno un figlio piccolo. Il livello di scolarizzazione è molto alto, con il 25 per cento di laureati. Tra questi, il 33 per cento sono insegnanti, il 24 per cento impiegati e il 19 per cento pensionati. Per il resto, nel 9 per cento dei casi si tratta di liberi professionisti, nel 5 per cento di imprenditori e nel 3 per cento dei casi di studenti. I produttori stanno dimostrando di aver capito questa tendenza moltiplicando l’offerta e rendendola sempre più originale e appetibile, andando talvolta ben oltre la stessa tradizione.