Il settore agroalimentare, come paradigma dell’informazione italiana. E’ quanto ha voluto rappresentare l’ARGAV (associazione dei giornalisti agroambientali di Veneto e Trentino Alto Adige) in un recente convegno, svoltosi a Chioggia, nel veneziano; intrigante la “declinazione” del tema: “fra allarmi ed allarmismi”. In realtà, la domanda è di fondo: come può esserci professionalità in una realtà imprenditoriale, che anzi non la vuole valorizzare e punta ad annientarla, non riconoscendole valore fondante? E’ quanto accade nel settore giornalistico dove, complici bilanci difficili, le redazioni contano numeri troppo risicati e la carriera giornalistica si trasforma in una vita da travet; a “fare” i giornali sono sempre più collaboratori (in televisione si trasformano in “stagisti”) dalla paga incerta e legata alla quantità produttiva, non certo alla sua qualità. Ecco allora i titoli “gridati” a prescindere ed  i casi inventati; tanto, vale più scrivere un pezzo, l’eventuale replica e la seguente ridda di polemiche (= 3 articoli) piuttosto che sprecare tempo nella verifica di fonti e notizie. Dovrebbe rimanere la coscienza individuale, ma come pretenderla in un mondo, dove etica e responsabilità sono ormai valori vintage? In Italia, la morale (volente o nolente) si piega sempre più spesso a ragioni di marketing e questo non è un segnale di speranza democratica.

Il direttore

Fabrizio Stelluto