È un paradosso: il territorio che si snoda tra i due più grandi fiumi d’Italia, il Basso Polesine, è stato arso dalla siccità e dal caldo. In almeno 30 mila dei 60 mila ettari di mais del Polesine le pannocchie non sono neppure nate e le piante stanno avvizzendo. Per gli altri 30 mila ettari, la perdita del prodotto si farà sentire pesantemente.
Disperati gli agricoltori: c’è chi ha perso tutto, chi tenta di salvare il salvabile sapendo di vedersi comunque tagliato il reddito, altri che si dannano ad irrigare, dove possibile e dove vi sono le strutture, a costi altissimi rispetto ad un raccolto immiserito. Si tenga conto che la realizzazione di impianti irrigui non è diffusa perché finora non era stata ritenuta necessaria, vista la naturale abbondanza d’acqua. «Non possiamo affrontare una situazione di questo genere con mentalità e strumenti tradizionali e contingenti – ha detto l’assessore regionale Franco Manzato, nel corso di un sopralluogo in zona – prima di tutto perché per avversità di tal genere e su colture come queste si è risarciti solo se si è provveduto ad assicurarsi. Ma soprattutto dobbiamo ragionare e operare in prospettiva, riprogettando il sistema irriguo, qui e in tutta Italia, per razionalizzare la risorsa idrica e garantire la massima estensione dell’irrigazione in tutte le situazioni».
Parallelamente in quest’area i problemi hanno colpito anche il settore della pesca ed in particolare i molluschi di Scardovari. Qui si è registrata una grave moria di molluschi conseguente allo stato di anossia delle lagune deltizie, che ha causato perdite economiche valutate finora in circa 1,5 milioni. «Come Regione – spiega l’Assessore Manzato – siamo intervenuti richiedendo tempestivamente a Roma lo stato di emergenza per le produzioni del territorio devastate dalla siccità con effetti senza precedenti.