L’evasione fiscale per i lavoratori agricoli irregolari potrebbe ammontare a un miliardo di euro

La vergogna del caporalato continua farla da padrona nell’agricoltura italiana: la prima indagine nazionale su “Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare”, firmato da Anci e Ministero del Lavoro, stima che ci siano non meno di 10.000 i lavoratori agricoli migranti in Italia che vivono in condizioni di privazione dei diritti e di sfruttamento, vittime del caporalato.
Nel capitolo “Il lavoro migrante in agricoltura: tra precarietà e rischio sfruttamento” ricorda che la filiera agroalimentare rappresenta il 25% del Pil nazionale e dà lavoro a più di 3,8 milioni di persone, ma a partire dal 2020 le condizioni di vita e lavoro della popolazione migrante sono ulteriormente peggiorate per diversi fattori tra i quali l’impossibilità di raggiungere i luoghi di lavoro a causa delle limitazioni negli spostamenti; la mancanza di ammortizzatori sociali; le difficoltà di accesso ai servizi sanitari.
Il settore agroalimentare risulta essere particolarmente a rischio sfruttamento e i lavoratori stranieri “hanno una posizione di debolezza contrattuale che si riflette sulle condizioni di lavoro e genera marginalità, creando zone d’ombra che minacciano la sostenibilità sociale del settore agricolo italiano e ne danneggiano l’immagine internazionale”.
L’Osservatorio Placido Rizzotto stima che circa quattro milioni di lavoratori agricoli operino senza documenti, in condizioni di lavoro precario e di sfruttamento. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha rilevato che l’evasione fiscale per i lavoratori dipendenti irregolari nel settore agricolo risulta compresa tra i 642 milioni e il miliardo di euro.

Secondo le analisi contenute nel Piano Triennale, nel 2018 il settore agricolo italiano, che rappresentava il 2,1% del valore aggiunto dell’intera economia nazionale, ha registrato un valore totale pari a 59,3 miliardi di euro. Viene stimato che l’economia sommersa in agricoltura abbia raggiunto il 16,9% del valore aggiunto, ben oltre il 12,3% dell’economia totale.
I comparti che vedono una maggiore partecipazione di stranieri sono quelli zootecnici e di colture ortive e arboree, specializzazioni che richiedono una gran quantità di lavoro stagionale, specialmente in corrispondenza dei periodi di raccolta.