Il “Rapporto Ambrosetti” indica anche il problema delle scarse dimensioni delle imprese italiane

Dalla quinta edizione del Rapporto Ambrosetti dedicato al settore agroalimentare, “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage”, emerge che il commercio di settore ha registrato complessivamente una flessione pari al ‘solo’ -1,8%. In realtà il dato è condizionato dal tracollo del -36,5% nel canale Horeca, ovviamente per la chiusura di bar e ristoranti, mentre la GDO ha segnato un rialzo del +2,2%.
Si aggiunga a questo che, in modo forse inaspettato, si è registrata la rinata vitalità dei negozi di prossimità, che hanno usufruito dei vari lockdown per riposizionarsi e incrementare la propria quota di mercato al 18,9%.
Sul fronte e-commerce, lo scorso anno le vendite sul web del settore food&grocery hanno contato solo per il +1,7% del totale acquisti, ma con una crescita nel 2020 del +56%.
Complice le chiusure degli esercenti del fuori casa, il food delivery ha generato un valore pari a 706 milioni di euro. Per la sua stessa natura funzionale, il servizio di delivery è cresciuto del +100% nei Comuni con almeno 50 mila abitanti e che i pagamenti sette volte su dieci sono stati effettuati con modalità cashless.

Il Rapporto Ambrosetti ha inoltre analizzato i dati relativi all’export che cresce ma non quanto accade per gli altri Paesi Ue. Nel decennio 2010-2020 l’Italia ha visto il proprio export crescere ad un ritmo medio annuale del +5,2%, superiore a quello degli altri Paesi competitori: malgrado questo l’incidenza delle vendite fuori confine del settore agroalimentare nel 2020 ha inciso solo per l’11% sul dato totale, contro il 20% della Spagna e il 15% della Francia.
Il problema è nella dimensione ridotta delle imprese, una frammentazione che ritarda e crea più resistenze ad investire. Nell’agroalimentare e, soprattutto, sui mercati internazionali il vecchio ritornello che “piccolo è bello” sembra proprio non funzionare.