Le coltivazioni e tutti i prodotti che nascono dalla terra, sono profondamente influenzati dal clima e per primi condizionati dai cambiamenti climatici di questi ultimi anni: la coltivazione dell’ulivo in Italia è arrivata a ridosso delle Alpi; nella Pianura Padana si coltiva circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserve e di grano duro per la pasta; a Giarre, ai piedi dell’Etna, si coltiva il tropicale avocado mentre a Palermo c’è chi è riuscito a produrre le prime banane Made in Italy. Il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni, ma il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti, che tendono ad espandersi verso l’alto con la presenza della vite a quasi 1200 metri di altezza.
Sono le conseguenze concrete di un 2016, che si classifica come l’anno più caldo di sempre a livello mondiale, da quando sono iniziate le rilevazioni 137 anni fa, con la temperatura media registrata nei primi nove mesi sulla superficie della terra e degli oceani addirittura superiore di 0,89 gradi celsius rispetto alla media del ventesimo secolo. Rovescio della medaglia dei cambiamenti climatici e della globalizzazione degli scambi è la diffusione in Italia di parassiti esotici, mai visti prima, che hanno attaccato colture pregiate come gli ulivi, le castagne, gli agrumi e molte altre ancora. Il riscaldamento poi ha provocato anche il cambiamento delle condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini: una situazione che di fatto mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy.