La Ministra Bellanova non esclude un intervento pubblico, Prandini è per una cordata di filiera .

Alla vigilia degli incontri di inizio settembre con i Ministri dell’agricoltura di tutt’Europa, programmati in Germania, la Ministra delle politiche agricole, Teresa Bellanova, è intervenuta sulla vertenza del Gruppo Ferrarini, lo storico salumificio in crisi e oggetto di una proposta di acquisizione da parte del Gruppo Pini, a sua volta controllato da una società cipriota.
Dice la Ministra Bellanova: «Mi auguro che ad essere individuata sia veramente l’offerta migliore sul versante della tutela e valorizzazione del 100% italiano, della solidità della cordata imprenditoriale, del rispetto e mantenimento del livello occupazionale e della qualità del lavoro anche dei fornitori. Per salvare il Gruppo Ferrarini non basta una iniezione finanziaria ma occorre soprattutto superare le ragioni che hanno provocato la crisi: se sarà necessario un intervento pubblico, non potrà che avvenire in una ottica di filiera in un settore dove operano cinquemila allevamenti in grandi difficoltà e non certo iniziative che favoriscano delocalizzazione degli approvvigionamenti».

Di tono opposto la ferma presa di posizione espressa dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che ha sottolineato l’importanza per il Paese del piano di rilancio presentato da Intesa Sanpaolo e Unicredit per il salvataggio dello storico salumificio Ferrarini insieme al Gruppo Bonterre – Grandi Salumifici Italiani, O.P.A.S. (la più grande organizzazione di prodotto tra allevatori di suini in Italia) e HP s.r.l. (società partecipata da Consorzi Agrari e Bonifiche Ferraresi).
«Una cordata innovativa – sottolinea Prandini – in grado di promuovere un reale cambiamento valorizzando sul territorio nazionale gli investimenti e l’occupazione dalla stalla alla tavola. È inaccettabile invece qualsiasi ipotesi di una partecipazione pubblica a fragili ipotesi imprenditoriali che, in continuità con gli errori del passato, rischiano di portare all’estero un pezzo importante dell’attività industriale con un danno pesante per l’economia, il lavoro e l’immagine del Made in Italy».