Il vino italiano continua a subire forti danni dal fenomeno della contraffazione e gli enologi italiani, riuniti nel 66° congresso di Assoenologi ad Orvieto, rilanciano la necessità dell’analisi del Dna del vino per tracciare una sorta di ‘carta di identità’ che garantisca la produzione nazionale. ” Sembra – afferma Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi – che in alcuni Paesi una bottiglia su tre di vino italiano è contraffatta”.

Nell’ultimo anno sono stati portati a termine dall’Ispettorato controllo qualità del ministero delle politiche agricole sequestri per 11,5 milioni di euro ed è spesso emersa una convivenza tra le aziende vitivinicole e società di intermediazione per i mercati esteri. Le frodi più ricorrenti e anche più dannose per l’immagine del vino italiano nel mondo sono quelle che riguardano il rispetto dell’origine varietale, ovvero la corrispondenza tra il vitigno indicato in etichetta e quello da cui proviene il vino contenuto effettivamente nella bottiglia. “Oggi la tecnologia puo’ venirci incontro – spiega Martelli -, analisi come quella del Dna, dell’acido shikimico, dei flavonoli nei vini bianchi e degli antociani in quelli rossi possono smascherare le frodi, sia dei vini italiani destinati al mercato interno o a quelli esteri, sia soprattutto dei prodotti stranieri che entrano nel nostro Paese”.

Assoenologi intende definire una nuova strategia di promozione presso i giovani, che vanno anche instradati su una maggiore cultura del bere consapevole. Per questo Assoenologi intende avviare il dialogo puntando sui mezzi di comunicazioni più amati dai ragazzi, e quindi il web, i social network e i linguaggi interdisciplinari.