La crisi nell’Est europeo e l’impennata dell’energia rendono insostenibile la vita delle aziende

Più di una azienda agricola su 10, per la precisione l’11%, è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività, ma ben circa un terzo del totale nazionale, cioè il 30%, si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, in quanto legati alla bolletta energetica.
È quanto afferma Coldiretti nel commentare i più recenti dati Istat sui prezzi alla produzione dell’industria che a febbraio risultano cresciuti del +32,8% proprio per i rincari dell’energia. Questi hanno spinto violentemente in alto i prezzi pagati dalle aziende agricole per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari.
Spiega Coldiretti che, per i maggiori incrementi percentuali dei costi correnti, ad essere più penalizzate sono le coltivazioni di cereali, dal grano al mais: oltretutto sono prodotti che in larga parte venivano importati da quei Paesi dell’Est europeo oggi travagliati dall’invasione russa dell’Ucraina. Un fattore che ha generato incertezza sui prezzi di vendita e quotazioni in balia delle speculazioni di mercato.
Coldiretti ricorda che “l’Italia è già obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche il 16% del latte consumato, il 49% della carne bovina e il 38% di quella di maiale”.

Il mondo agricolo è già sceso in piazza sollecitando immediati interventi di sostegno alle produzioni: in particolare nel Veneto, gli allevatori di bovini hanno portato a Venezia la loro protesta spiegando che con gli attuali costi di produzione non è nemmeno conveniente proseguire nell’attività e minacciando di abbattere i capi allevati per ridurre le perdite.
Per il presidente Coldiretti, Ettore Prandini: «occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali».