Non è un caso di contraffazione vera e propria, ma è certamente sleale fare concorrenza al radicchio di Chioggia vendendo qualità ibride di minor qualità, all’apparenza quasi indistinguibili. Sì, perché a vederlo sembrerebbe identico, ma ad assaggiarlo è un’altra cosa. Manca di quella sapidità che caratterizza i prodotti tipici clodiensi. Arriva dai paesi extracomunitari, in particolare dal nord Africa, come dal Marocco o dall’Egitto, creando danni preoccupanti all’economia agricola locale. Il problema è che i radicchi ibridi arrivano regolarmente nei nostri porti e una volta sdoganati, diventano italiani, confondendosi quindi tra i radicchi autoctoni, quelli che caratterizzano una delle tipicità del territorio veneto ed in particolare di Chioggia.
Il presidente di Coldiretti Venezia, Jacopo Giraldo; l’assessore regionale all’agricoltura, Franco Manzato, il Presidente dell’Ortomercato di Chioggia, Giuseppe Boscolo Palo; e il Colonnello Gemelli, della Guardia di Finanza di Venezia hanno concordato che malgrado la difficoltà ad operare in casi di questo tipo, tutte le strade devono essere tentate per difendere questa tipicità Igp che porta proprio il nome di Chioggia.
I dati più recenti parlano di oltre 8.300 ettari coltivati a radicchio in Veneto per una produzione che sfiora le 120 mila tonnellate realizzando una produzione lorda vendibile pari a 64 milioni di euro. Il radicchio di Chioggia in particolare rappresenta i due terzi della superficie investita e ben il 70% della produzione regionale.
Coldiretti Venezia, in accordo con il presidente di Ortomercato di Chioggia, chiede che le maglie delle normative legate ai controlli della merce importata si stringano e che le aziende e le aree di produzione siano certificate in un’Anagrafe Orticola del Radicchio che consenta di conoscere i flussi di quanto venga prodotto in Veneto e quanto invece “diventa” veneto perché viene lavorato nella nostra regione.