Ha chiuso i battenti il desk anticontraffazione di Pechino, l’ultimo rimasto in Cina. Leggiamo la notizia sulle pagine de “Il sole 24 ore” che spiega come questo sia l’ultimo effetto “dello tsunami innescato dalla chiusura dell’Ice, il 1° luglio del 2011, che ha travolto i 14 uffici istituiti nelle piazze più calde dal ministero dell’economia presso la rete di uffici dell’Istituto per il commercio estero”.
Ricorda il quotidiano di Confindustria che “la contraffazione sviluppa un giro d’affari stimato in poco meno di 200 miliardi di euro nel mondo, causando perdite nelle entrate fiscali pari al 2,5% del totale del gettito planetario. Non solo: 2 miliardi di euro è stato il valore dei sequestri di prodotti contraffatti inclusi quelli alimentari, bevande, tabacchi e medicinali. I quattordici desk anticontraffazione dell’Ice erano stati promossi e concretizzati nel 2007 dall’allora ministro del Commercio estero, Emma Bonino. Avevano il compito precipuo di assistere le imprese italiane nella registrazione di brevetti e marchi nei diversi Paesi esteri ed insieme garantivano un concreto contributo al contrasto della concorrenza sleale. Le sedi erano collocate a Hong Kong, Pechino, Shanghai, Canton, Mumbai, New Delhi, Istanbul, Ankara, Mosca, Seul, Taiwan, San Paolo, New York e Washington.
Con l’abolizione dell’Istituto per il Commercio Estero sancita il 1° luglio 2011, alla fine di ottobre dello stesso anno iniziarono le chiusure dei singoli desk anticontraffazione. Quello di Pechino era rimasto l’unico ancora aperto. Ora le imprese italiane hanno perso un’arma contro la sempre più organizzata industria cinese del falso.