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In un momento di crisi, aver puntato sull’export in tempi non sospetti, si è rivelata una scelta vincente. Cosa vi portò ad individuare l’estero come chiave di volta per la crescita aziendale?
“I rapporti con l’estero sono stati iniziati da mio padre negli anni ’60, che grazie ad alcuni viaggi in Austria e Germania ha visto la possibilità di vendere pasta oltre i confini italiani. A quel tempo la pasta non era conosciuta dai tedeschi, che la ritenevano un prodotto solo per gli italiani. Con il tempo il consumo di pasta all’estero è cresciuto e oggi il “prodotto pasta” è uno dei più conosciuti fuori dai confini nazionali. Abbiamo iniziato molti anni fa e oggi vendiamo a 106 stati in tutto il mondo.”

Essere leader italiani nell’export di pasta, significa essere leader mondiali?
“Non proprio. Mentre una volta la pasta era prodotta totalmente in Italia, oggi è prodotta moltissimo all’estero. Oggi solo il 25-30% della pasta nel mondo è italiana. Ultimamente, soprattutto sulla piazza francese, i più grossi competitors sono i pastifici spagnoli, che hanno un costo della materia prima, di lavorazione e di trasporto inferiore a quella italiana e riescono a portarsi via fette di mercato importanti.”

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