Quella che sta montando attorno ai presunti diritti di utilizzo del nome “Prosecco” reclamati dai produttori del Friuli Venezia Giulia «è una grande messinscena che non farà bene al nostro prodotto»: lo dice il presidente del Consorzio di tutela del Prosecco doc, Stefano Zanette, rispondendo alla pioggia di accuse lanciata dalla trasmissione televisiva “Report” contro un prodotto internazionalmente celebrato come campione del Made in Italy e che quest’anno potrebbe sfiorare i 2 miliardi di fatturato.
La trasmissione ‘firmata Gabanelli’ riparte dalla questione del nome Prosecco, quello di un paesino in provincia di Trieste, che non produce il ‘re delle bollicine’. Nel 2009 venne firmato un protocollo per l’utilizzo del nome, protocollo che oggi i produttori del Carso triestino dichiarano alla trasmissione tv di non essere stato rispettato. Come è ben noto, le norme europee stabiliscono che l’unico modo per avere “l’esclusiva” di una denominazione Doc è quello di legarla ad uno specifico luogo geografico. Nasce così l’idea veneto-friulana del nome ‘Prosecco’ a fronte della quale i 25 produttori carsici hanno ricevuto in cambio una promessa di attenzioni da Regione Veneto, Regione Friuli Venezia Giulia e Ministero della politiche agricole, a quel tempo retto dall’attuale presidente del Veneto, Luca Zaia. Le tre realtà istituzionali non avrebbero dato seguito gli impegni assunti allora ed è per questo che i produttori carsici vorrebbero che a pagare una royalty fosse il consorzio, una fettina di quella ‘torta’ che è diventata così ricca esportando le bollicine italiane in tutto il mondo. Un succeso così clamoroso che anche una trasmissione come ‘Report’ non poteva, a modo suo, trascurare.