L’export del Made in Italy agroalimentare nel Regno Unito vale oltre 3 miliardi di euro ed in caso di una separazione non consensuale di Londra da Bruxelles sarebbe tutto il prodotto nazionale a risentirne. Ma su tutte, ci sono tre regioni che pagherebbero il prezzo più alto per una uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea senza un accordo che permetta ai nostri prodotti agroalimentari di varcare i confini britannici senza dazi e altre barriere all’ingresso: sono Campania, Veneto e Basilicata.
È quanto è emerso durante il Forum Agrifood Monitor 2018 di Nomisma e Crif. «La Gran Bretagna – spiega Denis Pantini, responsabile area agroalimentare di Nomismarappresenta il quarto mercato di destinazione delle nostre produzioni. L’import di prodotti italiani negli ultimi dieci anni è cresciuto del +43% e un terzo delle esportazioni Made in Italy nel mercato Uk riguardano prodotti Dop e Igp». Per quanto riguarda Campania e Basilicata l’hard Brexit sarebbe disastrosa perché il mercato anglosassone assorbe il 20% dell’export di pelati e passate di pomodoro. Per il Veneto, la ‘colpa’ sarebbe tutta del Prosecco visto che quattro bottiglie su dieci sono acquistate dagli inglesi.

L’export italiano verso la Gran Bretagna è aumentato nell’ultimo decennio: come difendersi nel futuro

Anche sul fronte dei prodotti lattiero-caseari si guarda con attenzione ai negoziati in corso: «Per tutelarci – spiega Riccardo Deserti, direttore del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano – abbiamo registrato anche il nome Parmesan come trademark, in modo da poterlo tutelare anche in caso di hard Brexit. Credo che per chi produce commodities sarà più difficile assorbire l’urto della Brexit, ma per i prodotti con un marchio ben riconosciuto sarà più facile».
L’Europa oggi soddisfa la domanda dei consumatori britannici per il 70% con l’Italia che è al sesto posto tra i fornitori di Londra, con una quota di mercato di circa il 6%. Arriviamo dopo Germania, Francia e Stati Uniti. Ma presidiamo un mercato che nell’ultimo decennio ha aumentato l’import di made in Italy del +43%.