La guerra dei dazi che sta contrapponendo apertamente Stati Uniti e Europa, avviata dalla tassazione che gli Usa hanno imposto su acciaio e alluminio e che vedrà la replica europea su prodotti di largo consumo provenienti da oltre Atlantico, non può che preoccupare il sistema agroalimentare italiana che molto conta sulle esportazioni. In particolare per il vino e per una cantina come la Masi che esporta oltre 80% del suo pregiato prodotto.
Però Sandro Boscaini, presidente di Federvini e della cantina agricola Masi, si dice più preoccupato per un altro fenomeno che si sta diffondendo: «una campagna anti-vino o anti-alcolica che generalizza tutto e non capisce che il vino prima di essere alcol è cultura, è il modo più semplice per trasferire le emozioni, il bello e il buono di un territorio. La competizione è molto forte nel mondo e ci auguriamo che per salvare alcuni prodotti a livello locale non si vogliano alzare barriere».

Non solo alcol: Barolo, Brunello, Amarone e Chianti sono espressione di territori e cultura

Il vero nodo è che queste campagne non sono solo all’estero, ma fanno sentire la loro voce anche in un Paese quale il nostro che è ai vertici mondiali delle vendite di vino.
«Il vino italiano – sottolinea Boscaini – nella cifra globale naviga molto bene nel mondo, ma quando si spacchettano le cifre ci si rende conto che a navigare molto bene sono le bollicine, trainate dal fenomeno enorme del Prosecco. Mentre i prodotti classici, che sono il 70% del vino italiano e sono i nomi famosi specialmente rossi, segnano un po’ il passo e questo preoccupa: non possiamo vivere di sole bollicine ed anzi dovremmo approfittare di questo grande fenomeno per rilanciare anche i nostri mostri sacri».