Il mercato dell’olio extravergine di oliva è dominato da un’agguerritissima competizione sul prezzo che scoraggia la produzione di oli di eccellenza, e tende a omologare la qualità distruggendo la varietà dei profili sensoriali. Come scrive Claudio Peri, presidente del Centro Studi per la Qualità dell’Accademia dei Georgofili, in un articolo pubblicato da’Il fatto Alimentare’, le catene di supermercati in questa situazione hanno una grande responsabilità perché con le loro politiche di promozione influenzano la percezione dei clienti del rapporto qualità/prezzo. Se la concorrenza tra le catene è condotta esclusivamente a colpi di 3X2 oppure offrendo oli firmati da grandi aziende al prezzo di 3-4 euro a bottiglia, è difficile far attecchire l’idea di un olio di alta qualità da vendere a 14 o 20 euro/l. La sensazione dei consumatori di fronte a queste offerte al ribasso esclude un prodotto eccellente e costoso dall’orizzonte degli acquisti. A questo si aggiungano poi i dubbi e le perplessità sull’identità e le caratteristiche dell’olio extravergine a seguito delle tante frodi che si sono registrate negli ultimi venti anni.
Come sottolinea Claudio Peri, per uscire da questa situazione ed affermare un olio di alta qualità sul mercato, le catene di supermercati hanno una posizione privilegiata perché il consumatore si fida dell’insegna e quindi accetta anche di vedere sugli scaffali oli eccellenti valorizzati a dovere e con un listino adeguato. Per questo è necessario attivare accordi contrattuali e di collaborazione diretti fra le aziende agricole produttrici e i supermercati. Si deve sviluppare una sorta di filiera corta per i prodotti di eccellenza non basato solo sui chilometri. L’accordo fra un supermercato di Milano e un produttore di ortaggi della Sardegna è una filiera corta, se il controllo delle condizioni e dei tempi di consegna è garantito “dal campo alla tavola”. Il punto critico non sono i chilometri, ma la trasparenza del sistema e i controlli rispetto al consumo finale.