Lo scandalo della possibile contraffazione di 450mila chili di olio di oliva “spacciati” come extravergine di qualità potrebbe aiutare a spiegare i prezzi stracciati a cui viene venduto spesso l’extravergine di oliva sugli scaffali dei supermercati. E’ quanto afferma la Coldiretti, nel commentare con preoccupazione l’ipotesi di reato che ha portato gli uomini del Nucleo Agroalimentare Forestale di Roma del Corpo forestale dello Stato alla scoperta di documenti di trasporto falsificati, utilizzati per regolarizzare una maxipartita di olio extravergine di oliva destinata ad essere commercializzata, per un valore di circa 4 milioni di euro.

L’ipotesi degli investigatori nel caso specifico è che i documenti siano stati contraffatti per ingannare sulla vera natura del prodotto che, secondo la Procura di Firenze, conterrebbe olio di oliva deodorato, di bassa qualità e dal valore commerciale tre volte inferiore a quello etichettato come extravergine. La deodorazione, spiega una nota, è un’operazione di rettifica dell’olio di oliva che consente di trasformare oli di oliva non commestibili di scarsa qualità in oli di oliva senza difetti, ma che una volta subito questo trattamento non possono più essere commercializzati come oli di oliva extravergine. Con il recente varo da parte dell’Unione Europea del Regolamento relativo alle caratteristiche degli oli di oliva e degli oli di sansa d’oliva e relativi metodi di analisi (che entrerà in vigore il primo aprile) è stata introdotta la valutazione del nuovo parametro dei metil esteri degli acidi grassi (MEAG) ed etil esteri degli acidi grassi (EEAG) che consente proprio di svelare la presenza dei suddetti oli deodorati negli oli extravergine d’oliva. La norma – conclude la Coldiretti – pone fine alla concorrenza sleale nei confronti della produzione nazionale che provoca ricorrenti difficoltà di mercato mettendo a rischio l’uliveto italiano che può contare su 250 milioni di piante e sulla punta di diamante rappresentata da 40 oli extravergine d’oliva Dop/Igp.