Amazon vende libri contraffatti: la denuncia viene da un’inchiesta dell’autorevole New York Times. Non è cosa da poco visto che le stime dicono che il colosso dell’e-commerce vende circa la metà di tutti i libri che si acquistano negli Stati Uniti. E secondo qualto afferma il NYT, negli anni le truffe sono aumentate con la contraffazione e la manipolazione dei testi.
Citando denunce di editori e autori, l’inchiesta sostiene che non c’è nessuna attenzione né della qualità né dell’autenticità di ciò che si vende in rete e che sembrerebbero non esistere rivenditori presenti solo su Amazon. Inoltre sarebbero state individuate recensioni fasulle predisposte ad hoc, recentemente analizzate dall’authority federale Ftc, e versioni accorciate, non autorizzate, di libri pluripremiati o molto popolari. E se questo poptrebbe non aver conseguenze quando si tratta di grandi classici della letteratura come Arthur Miller, Jorge Luis Borges e Agatha Christie, la cosa si fa ben più grave quando i testi modificati e contraffatti che trattano di temi molto delicati, come quelli che si vendono ai medici, oppure

edizioni taroccate di volumi tecnici.

I grandi ‘padroni’ del web non possono più essere considerati non responsabili per quel che pubblicano

Da sempre Amazon si difende affermando che è responsabilità di chi vende i propri prodotti “assicurare che il vostro contenuto non violi leggi o diritti d’autore, marchi depositati, privacy, norme di pubblicità o altri diritti” di fatto sostenendo che il proprio ruolo è solo di mettere in contatto domanda e offerta senza occuparsi della qualità del venduto.
Ma la questione sta assumendo un ‘peso’ tale che anche i vertici del colosso dell’e-commerce hanno dovuto prendere posizione nei confronti della contraffazione. Ricordiamo, per analogia, che l’Unione Europea ha recentemente espresso un regolamento che responsabilizza Google e Facebook nella pubblicazione da parte dei propri utenti di messaggi violenti o terroristici nelle proprie pagine. Superando quindi quel concetto di neutralità dietro al quale si sono fin qui trincerati i miliardari titolari degli strumenti web.