La Svizzera è ambita quale crocevia per le merci contraffatte, perché la “swissness” ispira fiducia. Il caso è scoppiato per la denuncia fatta dall’Agenzia per gli alimenti e i medicinali (FDA) degli Stati Uniti che ha annunciato in febbraio che diversi oncologi in California, Texas e Illinois avevano ricevuto dai propri fornitori un medicamento contro il cancro probabilmente falso. Il commercio globalizzato e l’aumento degli affari con le importazioni parallele fanno sì che anche per i farmaci – anche quelli originali – a volte costino meno quando sono venduti attraverso alcuni canali poco trasparenti.
Il prodotto sotto accusa era stato ordinato in Egitto; dapprima immagazzinato in un deposito franco doganale di Zurigo, era stato inviato ad una società danese, quindi spedito in Gran Bretagna ed infine arrivato negli Stati Uniti. In Svizzera ci sono 60 società che hanno un’autorizzazione per il commercio di farmaci all’estero e questo pone la Confederazione in una posizione di punta nel commercio mondiale di medicamenti. Il fatturato delle multinazionali farmaceutiche ammonta a 30 miliardi di franchi all’anno, di cui il 98 per cento costituito da esportazioni. È proprio la buona reputazione a rendere la Svizzera appetitosa per i trafficanti di medicamenti contraffatti, che la usano come crocevia, nonostante le pratiche di autorizzazione rigorose.
Negli ultimi dieci anni in Svizzera sono emerse “soltanto” alcune falsificazioni nelle quali erano coinvolte ditte commerciali elvetiche, ma vi sono paesi, come per esempio la Nigeria, dove il 50% dei farmaci venduti nei canali ufficiali (farmacie e ospedali) sono contraffatti.